
Le foto che ritraggono la guerra civile spagnola immortalano tutto il mondo che gira intorno al conflitto: non solo soldati al fronte con la baionetta puntata, ma anche la popolazione civile devastata dalla guerra. Particolare attenzione è riservata a donne e bambini. Un gruppo di signore che con enormi cesti di panni in testa fuggono alla ricerca di un riparo, bimbi in attesa di un tozzo di pane, ragazzini soldato sull’attenti, fieri di indossare la divisa e di poter stringere il fucile tra le mani. Ma si osservano anche soldati nel momento del riposo, a scambiare quattro chiacchiere per allentare la tensione o rifugiati sotto un grande masso a consumare il rancio in fretta e furia aspettando un nuovo scontro. Su questi temi si confrontano i due fotografi che con stili e inquadrature differenti mostrano una simile genialità. L’occhio della Taro è sfuggente e abile nel cogliere il movimento, gli scorci, l’infinito attraverso un muro abbattuto da una bomba a mano. Robert Capa cura le inquadrature, coglie gli sguardi e l’animo della gente, involontaria protagonista dei suoi scatti. Il racconto della guerra giunge a descrivere anche gli attimi più raccapriccianti della tragedia: la morte che si insinua tra soldati e popolazione. Non ci sono tabù e inibizioni nel fermare sulla pellicola l’immagine di soldati colti nel momento in cui una pallottola li colpisce alla schiena o giovani in divisa sanguinanti sul letto di un ospedale da campo. Le fotografie della mostra proseguono nella descrizione di altre guerre: il conflitto tra Cina e Giappone e la Seconda Guerra Mondiale. Ma nulla cambia. Gli occhi a mandorla dei protagonisti non modificano la sensazione di disperazione che porta la guerra, la tragica stupidità di un fenomeno voluto da pochi e che si abbatte su popolazioni innocenti costrette a subire orrori e perdite in nome di un ideale spesso inafferrabile.
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