sabato 30 giugno 2007

La "pizzica" sul palco dell'Auditorium




ROMA - Ritmo travolgente, melodie che ispirano allegria, suono pieno, ricco. Impossibile non battere le mani a tempo, impossibile non farsi coinvolgere dalla tarantella portata sul palco dell'Auditorium dalla grande orchestra "La notte della Taranta". Sotto la direzione dello spumeggiante maestro Ambrogio Sparagna, più di trenta elementi tra tamburelli, strumenti a corda, fisarmoniche, flauti, percussioni, cori e voci soliste, si sono accordati per riproporre la tradizionale musica salentina.
Il concerto/evento che ha aperto l'ormai tradizionale rassegna "Luglio suona bene", si è proposto come una vera e propria celebrazione della "pizzica", ritmo popolare pugliese che scandiva l'antico rituale di cura dal morso immaginario della tarantola. Ma "La notte della Taranta" non si è limitata al passivo recupero della tradizione: le melodie tipiche del Salento sono state rielaborate e diversificate tramite la fusione con altri linguaggi musicali, come il jazz, il rock e il pop. Il risultato è sorprendente: una performance sonora potente e incontenibile, violenta e appassionante insieme.
Il pubblico raccolto nella Cavea, solo a tratti è riuscito mantenere il proprio posto a sedere. Trascinati dalla forza della tarantella i presenti hanno abbandonato i propri sandali per scatenrsi in un gioioso ballo collettivo che è continuato per oltre due ore.

martedì 26 giugno 2007

Abu Ghraib. Una mostra per denunciare la tortura


"Abu Ghraib. Abuso di potere. Opere su carta di Susan Crile"
Museo di Roma in Trastevere, Piazza S.Egidio 1b, Roma
27 giugno - 30 settembre 2007
Per info: www.museiincomuneroma.it
www.museodiromaintrastevere.it
www.zetema.it
www.susancrile.com

Umiliazione, degradazione, sofferenza. L'essenza della tortura, immagini che si fanno reportage di una realtà forse troppo sottovalutata. In occasione della Giornata Internazionale contro la torura, l'artista statunitense Susan Crile, espone 29 opere presso il Museo di Roma in Trastevere. 29 dipinti su carta ispirati alle fotografie scattate all'interno del carcere di Abu Ghraib per testimoniare e portare alla coscienza collettiva gli orrori avvenuti due anni fa nella prigione irachena. Figure stilizzate e scure, colori sgargianti che colpiscono, il bianco del gesso usato per rappresentare la fragilità delle vittime, così simili alle figure ricoperte di cenere in fuga dal World Trade Center o alle carcasse dei corpi nell'eruzione di Pompei. Susan Crile rimaneggia sapientemente i tratti impressi sulla pellicola trasformando di nuovo in esseri umani quelli che erano diventati meri oggetti di abuso e disprezzo. L'artista trova una forma visiva attraverso la quale lo spettatore possa identificarsi o provare empatia con la sofferenza stessa, recuperando, nonostante tutto, la bellezza essenziale e inestinguibile della forma umana. Se una redenzione è possibile è qui che va cercata: nella linea palpitante, ancora vitale in mezzo a immagini opprimenti di corpi contorti.
La mostra è realizzata in collaborazione con l'associazione ACAT Italia (Azione dei cristiano per l'abolizione della tortura e FIACAT (Federazione internazionale azione dei cristiani per l'abolizione della tortura).

sabato 23 giugno 2007

George Grosz: un artista tra visione e realtà



"George Grosz, Berlin - New York"
9 maggio - 15 luglio 2007
Galleria di Villa Medici - Accademia di Francia, viale Trinità dei Monti 1, Roma
Per info: www.villamedici.it

Vignette satiriche, collages, oli, acquerelli, jugendstil, pittura metafisica, realismo, espressionismo, dadaismo. Tecniche e stili tra i più diversi caratterizzano la vasta produzione di un artista purtroppo poco conosciuto in Italia: George Grosz. Presso la Galleria di Villa Medici - Accademia di Francia è possibile ammirare circa duecento opere realizzate tra il 1910 e il 1959 che testimoniano il percorso artistico e umano del pittore tedesco. Un viaggio che si snoda tra impegno politico e lavoro per il mondo del teatro, partendo dalla produzione giovanile berlinese sino alle opere del periodo americano. Se da un lato i dipinti, i disegni, le litografie hanno valore di denuncia alla Prima Guerra Mondiale, al fallimento della rivoluzione tedesca e all'ascesa del nazismo, dall'altra le scene e i personaggi teatrali sono proposti tramite una lettura d'avanguardia in cui si riflettono di drammi della vita moderna. Due binari paralleli e distinti in cui si rirtrova il medesimo messaggio di critica sociale. La mostra si apre con le opere realizzate da George Grosz nella sua città natale in Pomerania: rappresentazioni realistiche, acquerelli e fantasiose scene grottesche. Si prosegue con i lavori a carattere più propriamente politico risalenti al periodo della Repubblica di Weimar in cui emerge il disprezzo nei confronti del militarismo, del clero e della borghesia. Con l'ascesa del nazismo Grosz viene bollato come artista degenerato e nel 1933 si trasferisce a New York dove prosegue la sua denuncia contro l'ingiustizia e l'oppressione. Infine, per la prima volta, vengono esposti bozzetti per scenografie e costumi creati per le opere teatrali di George Bernard Shaw, Ivan Goll, Georg Kaiser, Paul Zech, Jaroslav Kasek.

venerdì 22 giugno 2007

Pupi Avati: "Il cinema italiano ha rinunciato alla qualità"


ROMA - La carriera artistica di Pupi Avati, nato a Bologna il 3 novembre 1938, ha inizio nel 1968 con il lungometraggio "Balsamus, l'uomo di Satana", uno strano mix di gotico e grottesco assolutamente fuori dai canoni della produzione italiana del tempo. Da allora il regista dirigerà numerosissimi film dei generi più vari ottenendo un successo sempre maggiore tra pubblico e critica. Ricordiamo ad esempio "Le strelle nel fosso" (1979), "Festa di laurea " (1985), "Il testimone dello sposo" (1997) o i più recenti "Il cuore altrove" (2003) e "Ma quando arrivano le ragazze?" (2005). Eppure Pupi Avati non perderà mai la passione per il genere "dark" continuando di tanto in tanto a proporre film come "La casa dalle finestre che ridono" (1976), "Zeder" (1981) e "L'arcano incantatore" (1997). Nel 1995, in collaborazione con Maddalena Fellini e il Comune di Rimini, istituisce e diventa presidente della "Fondazione Fellini" che si occupa di promuovere eventi in ricordo del grande regista scomparso.
Abbiamo incontrato Pupi Avati in occasione della conferenza stampa di presentazione degli eventi organizzati dalla Fondazione per la rassegna "Fellini estate 2007" che partira il 30 giugno a Rimini.

Quali sono gli obiettivi che si prefigge la Fondazione Fellini?

Pupi Avati: L'opera di Federico Fellini Fellini ha avuto un ruolo determinante nella cultura italiana, soprattutto per quelli della mia generazione. Purtroppo o per fortuna, però, non ha lasciato eredi, nessuno ha mai tentato di imitare il suo modo di fare regia, probabilmente per paura di fallire miseramente di fronte alla grandezza del maestro. Con la Fondazione Fellini, vogliamo far conoscere alle nuove generazioni chi era Federico e quanto è stato importante il suo lavoro nel cinema. Temiamo che la sua eredità venga perduta come è successo per altri grandi cineasti, così, tramite diverse forme d'arte (mostre, teatro, musica e ovviamente cinema), cerchiamo di far avvicinare i giovani al linguaggio felliniano.

Qual è l'eredità che si rischia di perdere?

P.A.: La proposta culturale di Fellini è qualcosa di imprescindibile per il cinema italiano. Dal mio punto di vista ogni mezzo espressivo ha una propria vita biologica: una nascita, il momento in cui raggiunge la sua massima grandezza e un declino. Con Fellini il cinema ha raggiunto il suo acume. Sono dell'idea che andrebbero istituiti dei corsi di cinema felliniano in tutte le facoltà universitarie, non solo nelle scuole specializzate perchè ormai c'è una distanza sufficiente per poterne parlare con serenità e serietà.

Qual è il suo film preferito di Fellini?

P.A.: Sicuramente "Otto e mezzo" che trovo il film più seducente che un regista potesse realizzare.

Qual è la sua opinione sulle recenti dichiarazioni di Quentin Tarantino? Il cinema italiano è così deprimente?

P.A.: Credo che ci sia un fondo di verità nelle sue parole. I toni che ha usato Tarantino non erano accettabili, ma il contenuto del suo discorso sì. Il cinema italiano ha rinunciato a guardarsi intorno a 360° ripiegandosi su sè stesso e limitandosi a raccontare il presente e il "sottocasa".

Cosa ne pensa del rapporto tra televisione e cinema in Italia?

P.A.: In Italia si producono pochi film, circa una sessantina l'anno, e ancora meno sono quelli distribuiti nelle sale (pensiamo solo alla Francia in cui la media è di 260...). Inoltre la televisione ha scelto di investire su format diversi da quello cinematografico, così i film, soprattutto quelli di qualità, si possono ritrovare in tv solo in seconda serata o addirittura di notte, senza parlare, poi, del palinsesto estivo che non propone davvero nulla. La televisione italiana si è creata perloppiù un proprio stile cinematografico che è quello della fiction, purtroppo inseguendo più le leggi di mercato che il livello artistico. Questo ha sicuramente contribuito alla diseducazione del pubblico italiano in materia di cinecultura.

Che messaggio vuole lanciare ai giovani che si apprenstano a entrare nel mondo della regia?

P.A.: Invito i ragazzi a trovare una propria identità cercando di raccontare le storie che meglio conoscono evitando di copiare il "già visto" e di scappare all'estero per realizzare i propri lungometraggi. Purtroppo il problema della comunicazione è insormontabile: per quanto uno conosca bene una lingua straniera, non potrà mai avere lo stesso rapporto profondo e la stessa padronanza delle situazioni che avrebbe lavorando in lingua madre. Io stesso sono reduce da un film girato in America che per quanto raccontasse una storia italiana e la protagonista fosse Laura Morante, non è stato così sentito come i lavori che ho relizzato nella mia terra.

giovedì 21 giugno 2007

Rimini. Un'estate per ricordare Federico Fellini


"Fellini Estate 2007"
Dal 30 giugno 2007
Rimini: Corte degli Agostiniani, Chiostro della Biblioteca civica, Museo Fellini, Grand Hotel, Lungomare Tintori
Per info: www.federicofellini.it

"A 14 anni dalla scomparasa di Federico Fellini è necessario intensificare gli sforzi e le iniziative per ricordare il ruolo fondamentale che il grande regista ha avuto all'interno della cultura italiana". Così ha esordito Pupi Avati, presidente della "Fondazione Federico Fellini", alla conferenza stampa di presentazione di "Fellini Estate 2007". Le iniziative previste, avranno luogo nel centro storico di Rimini (Corte degli Agostiniani, Chiostro della Biblioteca civica e Museo Fellini) e all'interno e sulla spiaggia del Grand Hotel. Come ha spiegato il direttore della Fondazione, Vittorio Boarini, si è scelto di proporre concerti, mostre, spettacoli teatrali, oltre, ovviamente alla proiezione di film ricordando il regista tramite diverse forme artistiche, con lo scopo di raggiungere un pubblico il più vasto possibile. Ad inaugurare la serie di eventi sarà "Fellini Privat", una mostra fotografica che si aprirà sabato 30 giugno alle ore 19.00 e che chiuderà solo a tarda notte in per la Notte Rosa di Rimini. Gli scatti sono stati effettuati da Chiara Samugheo, amica di Fellini, che lo ritrae in pose e ambienti quotidiani, in compagnia dei suoi cari o dei suoi più affezionati collaboratori. "Fellini Estate" proseguirà con un omaggio a Charlie Chaplin, in occasione del trentesimo anniversario della morte. Il tributo al regista ingleseavrà luogo sabato 14 luglio con la proiezione del film "Il Circo" del 1928, accompagnato dall'orchestra Nuova Sinfonica Italiana composta da 35 elementi che eseguirà le partiture originali composte dallo stesso Chaplin. Sulla spiaggia del Grand Hotel, saranno proiettati "Luci della ribalta", "I clowns", "Intervista" e "Notti di Cabiria", mentre presso la Sala Rosa del Grand Hotel sarà allestita una seconda mostra fotografica dal titolo "Il mio Fellini". Si susseguiranno altre iniziative minori in ricordo del grande regista come lo spettacolo "Il gran lunatico - Fellini spiegato ai bambini" o incontri e momenti di discussione sui film e l'eredità lasciata dal grande maestro.

Sonorità alternative per il concerto dei Meganoidi



OSTIA - Chi ricordava i Meganoidi come cinque ragazzi scanzonati più interessati al divertimento che alla qualità musicale ha dovuto ricredersi. Il concerto che si è tenuto presso l'Openbar di Ostia ha dimostrato senza ombra di dubbio che i tempi di "Supereroi Vs Municipale" e "Zeta Reticoli" sono ormai un lontano ricordo. I brani che hanno portato al successo la band genovese nel 1997 sono stati comunque riproposti così come parte dei pezzi che hanno segnato il loro percorso artistico. Si passa da un ironico ska-punk al rock alternativo e progressive per approdare a sonorità più leggere e introspettive, vicine alla musica pop. Davide Di Muzio (voce), Mattia Cominotto (chitarra), Luca Guercio (tromba e chitarra), Riccardo Armeni (basso), Saverio Malaspina (batteria), si sono soffermati, in particolar modo, sulla presentazione dell'ultimo album "Granvanoeli", uscito nel gennaio del 2006. Brani dalle note gravi e riflessive, ballate acustiche, testi impegnativi. E' l’album più difficile mai sfornato dal gruppo: le canzoni non hanno ritornelli ben marcati, il rock ha un incedere obliquo, le sonorità sono scure. La luce filtra solo a tratti. Un pezzo come “The Millstone” è notevole, ma è con “Dai Pozzi” che i genovesi offrono il meglio della loro nuova produzione: niente frasi sdolcinate, il testo è curato, le linee melodiche accattivanti, ma non sfrontate. Nessuno si sarebbe aspettato un'evoluzione tanto marcata e sfaccettata che ha portato i Meganoidi ad esplorare svariati generi anche grazie alle frequenti modifiche nell'organico della band. Le diverse esperienze e sensibilità dei musicisti sono state valorizzate e interiorizzate nel corso degli ultimi dieci anni pur senza dimenticare le peculiarità che hanno sempre contraddistindo il gruppo: autoproduzione e autodeterminazione artistica.

mercoledì 20 giugno 2007

Jazz dal sapore argentino sul palco de "La Palma"


ROMA - La professionalità e l'intesa dei musicisti, la straordinaria coordinazione di basso, pianoforte, sassofono e batteria danno l'impressione di ascoltare un unico, potente strumento in grado di avvolgere e coinvolgere, in grado di proiettare lo spettatore in una realtà lontana. Gli Aires Tango sono tornati a Roma, nel luogo che li ha tenuti a battesimo più di dieci anni fa: il palco de "La Palma". Il gruppo nasce nel 1994 da un idea del sassofonista e compositore argentino Javier Girotto, che ispirandosi alle proprie radici musicali e fondendole con le modalità espressive tipiche del jazz crea un terreno musicale nuovo. Facendo esplicito riferimento alla musica di Astor Piazzolla, Girotto con Aires Tango arriva ad un repertorio di musica originale in progressiva evoluzione, sia per la natura improvvisativa che per il continuo ricambio del materiale musicale. La musica di Javier Girotto (sax), Alessandro Gwis (pianoforte), Marco Siniscalco (basso) e Michele Rabbia (percussioni) rispecchia fedelmente i tratti della melodia tangueira e dell improvvisazione jazzistica. Il risultato è una sorta di Tango trattato, dalle caratteristiche spiccatamente latine per le melodie ed i ritmi che lo animano, ma meno vincolato ai canoni del tango tradizionale e perciò terreno fertile per un' improvvisazione d'ispirazione jazz. "Sperimentazione" è la parola d'ordine del gruppo. Un concerto non si ripete mai identico a quello precendete grazie ai virtuosismi di sassofono, basso e piano intrecciati con la fantasia di Michele Rabbia che per la sezione ritmica si affida agli elementi meno canonici: fronde di albero, scotch da pacchi, sacchetti di plastica, martelli giocattolo. In questo modo gli Aires Tango giungono a una musica di notevole libertà espressiva e di grande fascino, nella quale gli echi del passato si fondono con le istanze del linguaggio musicale più moderno.

martedì 12 giugno 2007

Elisa Montessori: i libri che non si leggono


"Libri Ibridi"
Galleria Angelica, via di S.Agostino 11, Roma
dal 15 maggio al 16 giugno 2007
Ingresso libero

Libri del genere non si erano mai visti. Non possono essere acquistati in libreria, non si possono affittare in biblioteca, non si possono leggere...almeno nel senso tradizionale del termine. I "Libri Ibridi" di Elisa Montessori sono opere d'arte esposte presso la Galleria Angelica, il nuovo spazio espositivo della Biblioteca Angelica. La mostra, curata da Nicoletta Muratore e Isabella De Stefano, espone un centinaio di volumi "ibridi": libri di piccole e medie dimensioni, taccuini, quaderni e album, tutti disegnati e composti dall’artista. Si tratta di esemplari unici realizzati con l’inserimento di materiali eterogenei, come radici, foglie, foto, strappi di carta di giornale, pietre e diversi altri elementi, vegetali, minerali, plastici. Il motivo dell’acqua è ossessivo e ritorna continuamente: l’acqua come elemento dinamico e vivo nelle sorgenti, nelle cascate e nel fluire dei fiumi, ma anche come segno orizzontale quando non c'è vento e il mare è "liscio come l'olio". I richiami alla natura sono sempre accostati ai ricordi e a colte citazioni letterarie. Frequentissimi i riferimenti alla letteratura e agli interpreti della poesia moderna: incontriamo Ingeborg Bachmann, Su-Ling, Guido Gozzano, Marianne Moore, Eugenio Montale, Sandro Penna, Sylvia Plath, Francis Ponge, Derek Walcott, rievocati dall'artista attraverso il ritmo musicale dei versi, delle strofe o anche da semplici parole. I libri di Elisa Montessori diventano il punto di partenza di un infinito mondo di sperimentazioni imponendo un percorso contaminato e divergente, dove il tradizionale supporto cartaceo lascia spazio all’immaginazione e alla creazione artistica.

Una fotografia della prostituzione cinese


"Solution Scheme"
Contemporary Arts Society, via del Babuino 127, Roma
7 giugno - 28 settembre 2007
Ingresso libero

Focalizzare l'attenzione dell'osservatore sul fenomeno della prostituzione e sul cambiamento radicale che la nuova classe sociale cinese ha portato all'interno del Paese. Questo l'intento principale di "Solution Scheme", la prima mostra fotografica italiana dell'artista cinese Xu Yong e curata da Shu Yang. Ciò che contraddistingue questa collezione sperimentale è l'uso di colori vivi e luccicanti e degli scenari ironici che rendono le rappresentazioni leggere e divertenti, eliminando l'aspetto volgare che l'immaginario collettivo ha della prostituzione. Tramite un percorso di una decina di scatti, la mostra racconta la storia di Yu Na, modella e musa dell'artista, che nella periferia cinese lavora dapprima come cameriera, poi come prostituta. In ogni fotografia Xu Yong interagisce con la sua modella, dandole la possibilità di scegliere il momento dello scatto attraverso un tasto che le permette di operare sulla macchina fotografica. Yu Na ha il controllo di ogni scena trasformandosi da prostituta-oggetto ad artista-soggetto rivestendo un ruolo esistenziale attivo. Tutto ciò influenza la vita reale sostituendo la vendita e l'esposizione della propria bellezza con la vendita e l'esposizione del proprio lavoro artistico. Se da uan parte Yu Na cambia l'immagine di sè stessa elevando il proprio status sociale e trovando così la "soluzione" ("solution" appunto), dall'altra il fotografo Xu Yong mette in evidenza la decadenza della nuova Cina dove i nuovi valori del capitalismo occidentale hanno sotterrato per sempre le radici della cultura cinese.

domenica 10 giugno 2007

Alfiero Alfieri sul palco per ricordare Alberto Sordi e Aldo Fabrizi



ROMA - Non uno spettacolo teatrale, non un concerto, non una lettura di poesie, non un balletto, ma una miscela di tutte queste arti è stata portata sul palco del Gran Teatro di Roma. Alfiero Alfieri ha voluto fare le cose in grande per ricordare degnamente due mostri sacri della comicità romana con lo spettacolo "Omaggio ad Aldo Fabrizi e Alberto Sordi". Ad una platea di tremila spettatori è stata presentata una ricca esibizione in rigoroso dialetto romanesco: scenette, poesie e monologhi memorabili, alternati da filmati storici e alcuni inediti legati ai due grandi mattatori, con le musiche originali di numerosi film eseguite dal vivo. La parte musicale è stata affidata alla Big Band diretta dal maestro Remo Izzi che ha eseguito le colonne sonore di straordinarie pellicole e di famose gag come “E va”, “Marcia di Esculapio”, “Lulù”, “Rugido do leao”, “Ma ‘ndo Haway". Inoltre alcuni brani sono stati interpretati da Fabrizio Amici, figlio dell’indimenticabile Alvaro, pilastro della canzone romanesca. Ma il varietà è stato assicurato da un corpo di ballo composto da quadrighe e ballerine, da sciantose e vedette, dalle coreografie d’epoca del teatro di rivista, e da tanti aneddoti legati alla collaborazione artistica tra Fabrizi, Sordi e l’allievo Alfieri. Nella parte dedicata ad Alberto Sordi sono stati presentati contributi audio-video come “Il signor Dice”, “Mario Pio” e “Il Conte Claro”, successi cinematografici quali “Il Vigile”, “Un americano a Roma”, “Il Marchese del Grillo”. In quella dedicata ad Aldo Fabrizi, invece, è stato ricordato il talento poliedrico del grande attore, strepitoso non solo come comico ma anche come cantante e poeta, attraverso filmati inediti e scenette comiche come "Il Tranviere", "Lo Scolaro", "Il Cameriere" che fanno parte oramai della memoria collettiva di intere generazioni.

martedì 5 giugno 2007

Kandinsky. Una mostra dedicata al genio dell'astrattismo


"Kandinsky e l’astrattismo in Italia. 1930 – 1950"
10 marzo – 24 giugno 2007
Palazzo Reale, Milano
Per info: www.kandinskyeastrattismo.it

L’11 gennaio del 1947 si apriva sempre a Palazzo Reale la grande rassegna "Arte italiana e concreta": la prima grande mostra in Europa di arte astratta dopo la fine della guerra, dove Kandinsky era uno dei maestri europei presenti, accanto agli italiani Bassi, Bonini, Licini, Mazzon, Rho e Veronesi. Dopo esattamente 60 anni, con la mostra "Kandinsky e l’astrattismo in Italia. 1930 – 1950", il Comune di Milano rende omaggio al grande artista russo analizzando e mostrando i suoi forti legami con l’arte astratta in Italia. Wassily Kandinsky (Mosca 1866 - Neuilly-sur-Seine, Parigi 1944) è stato infatti un punto di riferimento fondamentale per l'astrattismo italiano degli anni Trenta e Quaranta, fino all’inizio degli anni Cinquanta, nonostante i suoi rapporti con l’Italia e l’arte locale siano stati sporadici. La mostra ricostruisce questo legame attraverso un nucleo di 42 opere di Kandinsky realizzate negli anni del suo insegnamento al Bauhaus, fino alla sua chiusura nel 1933, e successivamente durante il periodo parigino, quello del Blaue Reiter, fino alla sua morte nel 1944. L'astrattismo può risultare un genere ostico, difficile da comprendere e apprezzare ma le giustapposizioni di colore, le linee tortuose, la meticolosità dei tratti e le delicate sfumature degli acquerelli non possono non generare un'emozione anche nei meno appassionati. L'esposizione si apre col dipinto "Composizione VII" che con le sue grandi dimensioni (2 metri x 3) avvolge lo spettatore proiettandolo in un universo di colori di una realtà parallela. I quadri sono alternati alle riflessioni di Kandinsky sul significato dei colori e sull'importanza dell'armonia e della musica a cui cerca di dare un aspetto visivo tramite le sue tele. La suspence e le esplosioni di luce purtroppo scemano proseguendo nel percorso espositivo in cui si incontrano tele di artisti come Prampolini, Munari, Lucio Fontana il cui valore è annebbiato dalle opere del maestro russo posizionate in apertura.

venerdì 1 giugno 2007

Scrosci di applausi per l'Amleto di Giuseppe Marini


"La tragica storia di Amleto, principe di Danimarca"
31 maggio - 3 giugno
Teatro Tor Bella Monaca, Roma
Per info: http://www.teatrotorbellamonaca.it/

Otto personaggi vestiti con lunghe tuniche nere e capo velato appaiono all'improvviso dietro le spalle degli spettatori e incedono in fila indiana verso il palco. I passi lenti e ponderati sono scanditi da lamenti e sospiri di sottofondo che sembrano provenire dall'oltretomba. Questo l'incipit di Giuseppe Marini per il suo Amleto, una delle tragedie più celebri e sofferte di William Shakespeare, rappresentato presso il Teatro Tor Bella Monaca. Siamo ad Elsinore, Danimarca. Il re è stato ucciso per mano di suo fratello Claudio che, avido di potere, sposa la regina Gertrude e sale al trono. Lo spettro del legittimo re assassinato e spodestato appare al figlio Amleto e reclama vendetta. Da qui partono una serie di drammi interiori, interrogatori di coscienza che sfociano in follia. La follia di Amleto, straziato dal dolore e al tempo stesso combattuto sul da farsi. Col celebre "essere o non essere? questa è la domanda" interroga il suo animo cercandovi una risposta. Lo spettacolo è interamente giocato sui colori del bianco e del nero, solo le luci a tratti evocano il rosso vivo del sangue che scorre. I volti dei personaggi sono pallidi e gli sguardi persi, come a suggerire una recitazione fatta da spettri. La scenografia essenziale, composta unicamente di una cortina di catene metalliche, si adatta perfettamente allo scopo di concentrare l'attenzione sulle complesse emozioni dei personaggi. Come in tutti i testi shakespeariani non mancano momenti ironici volti ad alleggerire lo spettacolo: battute e gesti sporadici che non cadono mai nella farsa e nel volgare, ma aiutano lo svolgimento della rappresentazione che prosegue per oltre tre ore. Giuseppe Marini, anche protagonista del dramma, impersona magistralmente un Amleto che in fondo non perde mai del tutto la ragione, urlante di dolore ma logico nella riflessione. Solo il personaggio di Ofelia non convince, un po' troppo folkloristicamente caratterizzato e appiattito. Al termine della rappresentazione, nella sala del teatro di Tor Bella Monaca, anche Franca Valeri ha applaudito calorosamente gli attori dell'Amleto.