venerdì 12 dicembre 2008

Gospel e pop a Santa Maria del Carmine

Due ore di musica alternando tra il gospel tradizionale e il più irriverente pop-funky, accontentando così i gusti di tutte le generazioni. Il tutto in una cornice suggestiva come le navate della chiesa di Santa Maria del Carmine. Si chiama “Musica per la vita” il concerto organizzato da Coopi, organizzazione non governativa, laica e indipendente programmato per sabato 13 dicembre alle ore 21.00. Oltre che una straordinaria serata di festa, il concerto rappresenta una preziosa occasione di solidarietà: i fondi raccolti saranno destinati al finanziamento del progetto di sviluppo e miglioramento dei reparti di chirurgia di base e materno infantile nei Distretti di Nhamatanda e Marromeu, nella provincia di Sofala, in Mozambico. L’evento, organizzato nel suggestivo scenario barocco della chiesa, ha ottenuto il patrocinio della Provincia di Milano e del Comune di Milano - Assessorato allo Sport e Tempo Libero. Protagonista della serata sarà il coro gospel Summertime, diretto dal maestro Walter Ferulli, accompagnato dalla Summertime New Orchestra e dal corpo di ballo Mighty Power. Il coro, composto da 36 elementi dalle stupende sonorità, proporrà uno spettacolo magico e coinvolgente, capace di trascinare il pubblico in un crescendo di emozioni ed energia fin dalle prime note. Dal 1996 protagonista di numerose edizioni del Concerto di Natale in Vaticano, il gruppo dei Summertime ha conosciuto nel corso degli anni una naturale evoluzione artistica e attualmente si esibisce in un ampio repertorio dei brani gospel più tradizionali, anche riletti in chiave contemporanea, che arrivano ad abbracciare il soul e il funky. Il costo del biglietto varia tra i 20 e i 30 euro. Coopi è un'associazione italiana di volontariato internazionale che opera dal 1965 in favore delle popolazioni più povere del mondo. In quasi quarant'anni di attività sono stati realizzati oltre 300 progetti di sviluppo in molti paesi di Africa, America Latina, Asia e Europa dell'Est impiegando più di 1000 volontari. L'obiettivo è di concorrere ad uno sviluppo armonico ed integrale dell'individuo e della sua comunità, favorendo l'incontro e la collaborazione finalizzati ad ideali d'eguaglianza e giustizia.

lunedì 8 dicembre 2008

Ludovico Einaudi e Paolo Fresu insieme allo Smeraldo

Sono passati due anni dalla loro apparizione insieme all'Auditorium Parco della Musica di Roma, nell'aprile 2006. Ludovico Einaudi e Paolo Fresu si ritrovano, per dar nuovamente vita a un binomio vincente e particolare, in grado di unire le atmosfere delle composizioni per pianoforte ai colori e alle tonalità jazz della tromba. I due artisti suonano insieme a Milano, presso il teatro Smeraldo, stasera in uno spettacolo di alto livello che unisce la professionalità di due dei più grandi musicisti italiani. Einaudi e Fresu, conosciuti in tutto il mondo, uniscono le loro esperienze, le loro musiche e le loro emozioni, presentandosi insieme per uno straordinario concerto. Le melodie evocative delle composizioni per pianoforte di Ludovico Einaudi incontreranno le sonorità jazz e i sussulti d'avanguardia della tromba di Paolo Fresu, dando vita a un carosello sonoro dalle inedite interpretazioni. Ludovico Einaudi, uno dei pianisti e compositori più conosciuti e celebrati, è tra le figure di punta della musica contemporanea europea e svolge ormai da anni una consolidata e intensa attività concertistica sia come solista che con diverse formazioni strumentali. L’artista è apprezzato e richiesto in molti paesi, infatti il suo tour internazionale ha toccato Germania, Spagna, Francia, Inghilterra, Belgio, Giappone e India. E non é un azzardo dire che l'ultimo album di Einaudi, Divenire, sia un capolavoro: l'hanno dimostrato le 22 settimane ininterrotte nelle cassifiche Nielsen dei 100 Cd più venduti in Italia e il Disco d'Oro che ha ricevuto, così come il successo ottenuto dalla critica. Un traguardo di rilievo per un artista che più di ogni altro ha saputo fondere differenti forme musicali in un unico genere personale e suggestivo. Divenire, infatti, si caratterizza per la presenza dell'orchestra a fianco del pianoforte e per un uso discreto ed elegante dell'elettronica. "Divenire' ha avuto una genesi lunga - spiega Einaudi – che è iniziata nel 2002 quando scrissi una suite per pianoforte, due arpe e orchestra d'archi. Dopo quell'esperienza ho fatto tante altre cose, ma ho sempre pensato che prima o poi avrei voluto sviluppare l'idea in modo più ampio: così sono nati molti altri brani, un work in progress che il pubblico ha potuto seguire nella loro evoluzione e che nel tempo ha preso una forma definitiva". E sarà proprio dal repertorio più recente del pianista che i due musicisti partiranno per poi dar libero sfogo alla propria immaginazione. Nasceranno evocative e lunghe suite fatte di emozioni, improvvisazione e divertimento. La costante ricerca espressiva di Einaudi, il suo lodevole tentativo di amalgamarla a differenti stili superando i confini dei generi musicali, entra dunque nuovamente in contatto con le virtuose doti del trombettista sardo Paolo Fresu, protagonista della musica jazz degli ultimi anni, fautore del connubio fra la musica della sua terra di origine e quella afroamericana, che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Una vera esperienza in musica, imprevedibile, da assaporare fino all’ultima nota.

venerdì 28 novembre 2008

La Crus, ultimo show prima del divorzio

Un grande spettacolo fatto di musica e recitazione, contributi audio e video, partecipazione di grandi personalità della musica italiana. Il tutto in una cornice di classe come il Teatro degli Arcimboldi. Hanno scelto un modo raffinato per uscire di scena i La Crus che giovedì 4 dicembre saluteranno il loro pubblico con un ultimo grande concerto milanese dal titolo “A Milano non fa freddo”. Un appuntamento imperdibile che chiude la storia di una delle band più originali e suggestive del panorama italiano, una storia durata 15 anni, fatta di dischi seminali, innovativi e pluripremiati, tracciata da un percorso ricco di intuizioni, rivelazioni, collaborazioni. “Abbiamo sempre vissuto i La Crus come un progetto di continua innovazione – ha spiegato Mauro Ermanno Giovanardi, cantante del gruppo - e quando ci siamo resi conto di non poter più continuare su questa strada abbiamo pensato che la cosa migliore da fare fosse dare una conclusione a quello che è stato un percorso di crescita per tutti noi”. Lo spettacolo abbraccerà tutta la poetica tipica della musica dei La Crus e ripercorrerà la loro avventura musicale in compagnia di amici che negli anni hanno incrociato la loro strada, con cui hanno collaborato e condiviso lo stesso palcoscenico. Cristina Donà, Samuele Bersani, Riccardo Tesio e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, Rachele Bastreghi dei Baustelle, Nada e Manuel Agnelli degli Afterhours saranno gli ospiti presenti alla grande festa meneghina. Una serata che si annuncia intensa e ricca di sorprese, in linea con la cifra stilistica della band milanese. Canzone italiana d’autore, elettronica, videoproiezione, pop e teatro, il tutto diretto dalla regia di Francesco Frongia. “I La Crus sono stati per noi il più grande amore della nostra vita – spiega Cesare Malfatti – e gli amori sinceri non meritano mediocrità. Per questo abbiamo pensato di chiudere il nostro progetto in bellezza festeggiando la morte del gruppo perché questo significherà una rinascita per ciascuno di noi che continuerà la propria strada individualmente”. La scelta della scaletta cadrà sulle canzoni più importanti della carriera della band, le più struggenti, le più delicate e introspettive. Quelle che hanno fatto la storia del gruppo e che lo hanno maggiormente caratterizzato, ma non mancheranno i brani dell’ultimo album “Io non credevo che questa sera”. Sul palco insieme a Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti, saliranno i musicisti di sempre, Paolo Milanesi, Laziero Rescigno e Marcello Testa, accompagnati dall’Orchestra da Camera dell’Ensemble Musica Morfosi diretta da Feyzi Brera.

venerdì 21 novembre 2008

Invito per due al museo, offre la banca

Il patrimonio culturale italiano non è sufficientemente valorizzato dal punto di vista del sostegno finanziario. Da qui l’idea di Banca Network Investimenti di prendersi cura del proprio cliente attraverso l’arte. Il nuovo progetto della rete finanziaria presentato al Poldi Pezzoli, si chiama “Invito al museo” e propone ai suoi più di 120mila clienti l’invito per due persone a visitare gratuitamente (da gennaio ad aprile 2009) diversi musei italiani che hanno aderito al network creatosi per l’occasione. “I musei ci trasmettono valori eterni della bellezza artistica – ha spiegato Annalisa Zanni, responsabile del museo Poldi Pezzoli -. Essi rappresentano un patrimonio che appartiene alla sfera dello spirito e per questo vanno sostenuti e difesi. Questo è il motivo per cui siamo orgogliosi che un grande gruppo come Banca Network Investimenti si avvicini alla nostra realtà”. Per promuovere l’iniziativa, ai clienti, verranno distribuite carte di credito, bancomat e carnet di assegni con la raffigurazione di famosi ritratti. I volti dipinti da Andrea Appiani, Sandro Botticelli, Gustav Klimt, Andrea Mantegna, Amedeo Modigliani, Raffaello Zandomeneghi, Pietro Cosimo, Giuseppe De Nittis sono stati reinterpretati accostando elementi di quadri antichi allo stile moderno dello sfondo, creando così immagini calde e piacevoli. “La scelta dei ritratti femminili non è stata casuale – ha detto Angelo Testori, presidente di Banca Network Investimenti -. La donna, infatti, è uno dei simboli più efficaci per trasmettere cura, attenzione, crescita e dedizione, tutti valori presenti nella mission del nostro gruppo”. L’arte e, in particolare la pittura, hanno da sempre un forte valore sia culturale che economico. “Il nostro gruppo – ha continuato Testori – ha come obiettivo quello di valorizzare la propria immagine tramite una valida iniziativa culturale. Crediamo che il nostro successo, infatti, dipenda anche dalla complessiva crescita culturale dell’ambiente in cui operiamo”. Alla presentazione ha partecipato anche il critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha commentato: “Il denaro acquista senso se consente di accrescere la bellezza del mondo. Se il “bello” diventa uno strumento per prendersi cura dei propri clienti interpretando il legame tra valore culturale ed economico dell’arte, sicuramente si tratta di un’iniziativa pregevole”. L’arte è un mezzo di comunicazione raffinato e potente perché in grado di parlare, raccontare, trasmettere contenuti ed emozioni. “Quando un privato opera per il bene comune – ha concluso Sgarbi – fa un servizio pubblico. Banca Network Investimenti ha capito che se il denaro non ha la funzione di produrre bellezza allora non serve a niente”.

venerdì 14 novembre 2008

Giorgio Bocca e la crisi del giornalismo italiano

Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista che segue.
Dottor Bocca, nel suo libro appena pubblicato “E’ la stampa, la bellezza!”, denuncia il mondo del giornalismo italiano. Quali sono i suoi limiti principali?
La pubblicità è diventata il vero direttore del giornale siccome fornisce il 60 per cento dei soldi necessari alla stampa. Poi bisogna considerare il gigantismo, ovvero la mania di aumentare continuamente il numero delle pagine e degli argomenti per cui i giornali sono diventati come quelli americani: il New York Times la domenica pesa quattro. I giornali sono diventati illeggibili.
Cosa significa la frase: “Il giornale come il computer è diventato un simbolo di potere: non importa capirlo, ma averlo”?
Credo che un lettore comune di un giornale attuale non riesca a capirne più del 20 per cento. Il linguaggio è diventato un gergo specialistico o tecnico o dello spettacolo. Io che leggo cinque giornali al giorno faccio fatica a capire quello che c’è scritto.
Come si è arrivati a questa situazione?
Si è arrivati a questa situazione perché il progresso si rivela un regresso. Il progresso ha significato più soldi in pubblicità per i giornali e meno possibilità per i giornalisti di scrivere la verità.
Secondo lei è possibile uscirne?
Non sono un profeta. Penso che il giornalismo sia ancora necessario e penso che tocchi ai giornalisti affrontare anche questi momenti difficili e andare avanti.
Cosa consiglia a un giovane giornalista che si avvicina alla professione?
Do solo un giudizio generale: oggi è molto più difficili fare il giornalista rispetto ai miei tempi.
Cosa rimpiange del “giornalismo di una volta”?
Il giornalismo in cui sono cresciuto io era un giornalismo soprattutto di inchiesta. Tutti quanti andavamo a vedere, ad esempio, come funzionavano le fabbriche come funzionava l’agricoltura, cosa che adesso non fa più nessuno.
In che modo possiamo evitare di essere fagocitati da un sistema ormai malato?
Nel mio libro racconto che uno dei direttori con cui ho avuto a che fare quando mi conobbe mi disse: “Taglia le punte e non fare nomi”. Se io avessi seguito i suoi consigli non avrei più scritto, invece me ne sono infischiato e ho scritto quel che volevo. A volte riuscivo a farmi pubblicare e a volte venivo messo in castigo. Il periodo è indubbiamente difficile perché con questo dominio dell’economia e dello spettacolo i giornali sono diventati dei rotocalchi con pagine e pagine su spettacolo e promozioni.
Nel suo libro spiega che è importante avere dei modelli validi da imitare. Quali sono stati i suoi modelli?
I miei modelli sono stati i giornalisti più anziani di me come Montanelli o come Barzini. Ho imparato a scrivere da loro.
E chi può essere considerato un valido modello al giorno d’oggi?
Non lo so…ci sarò io!

lunedì 10 novembre 2008

Caparezza: "Non sono un cantante di protesta"

A sette mesi di distanza dall’inizio del suo tour Michele Salvemini, in arte Caparezza, torna a calcare i palchi milanesi con un concerto al Live Club di Trezzo sull’Adda sabato 15 novembre alle ore 22. Abbiamo fatto qualche domanda al cantante pugliese per saperne di più sul suo show e sul suo ultimo album.
Michele sei in tour da aprile e per la terza volta torni a suonare a Milano. Come stanno andando i tuoi concerti? E come trovi il pubblico milanese?
In realtà ho deciso di fare questo secondo giro di concerti proprio perché il primo è andato molto bene. Per tutta l’estate i miei spettacoli hanno avuto un forte consenso di pubblico e questo mi ha permesso di prolungare il tour fino a febbraio, quindi alla fine sarà durato praticamente un anno. Il pubblico milanese è caloroso, molto attento anche se non riesco tanto a fare distinzioni tra i diversi tipi di spettatori perché credo che le persone che si avvicinano alla mia musica abbiano tutti una personalità piuttosto particolare e affine alla mia. Sento nel mio pubblico grande attenzione per le cose che dico e grande energia e voglia di essere parte attiva dei concerti.
I tuoi concerti sono una continua sorpresa, cambi di abbigliamento, travestimenti, scenografie divertenti, ma quello che colpisce sono soprattutto le smorfie del tuo viso e gli atteggiamenti che mostrano una fortissima partecipazione nei confronti della tua musica. Dove trovi ogni sera la freschezza e l’energia di affrontare una nuova serata?
E’ strano perché non usando additivi particolari credo che si tratti di una cosa innata. Penso di trovare l’energia nella mia parte introspettiva. In qualche modo l’aver subito per tanti anni la mia timidezza nei confronti delle cose, timidezza che ha sviluppato un senso critico, mi permette poi quando sono sul palco di esprimere tutta quella parte latente, repressa che accumulo durante i miei giorni senza show. Quindi il miracolo dell’energia che sprigiono sul palco è dovuta a questo perché non faccio nulla nemmeno a livello di preparazione fisica. E’ proprio una questione di adrenalina e di voglia di dire le cose che diventa più forte di qualunque fatica.
Quindi c’è ancora l’adrenalina prima di salire sul palco…
Esistono due tipi di sensazioni: quella più fortemente emotiva che ti porta ad avere paura prima di salire sul palco e che per me appartiene in qualche modo al passato; adesso invece ho solo una grande voglia di mettermi a cantare davanti al mio pubblico e di dire delle cose che per me sono importanti.
Michele, il tuo nuovo disco Le dimensioni del mio caos, è stato pensato come una storia in cui, partendo dalle proteste del Sessantotto arrivi a denunciare diversi aspetti dell’Italia moderna. Ci puoi spiegare meglio cosa vuole significare il tuo album?
Quando ho cominciato a scrivere l’album sapevo già che sarebbe uscito nel quarantennale del Sessantotto e mi sono chiesto che cosa fosse rimasto di quella rivoluzione culturale oggi. Ho affrontato questo argomento sciorinandolo in quattordici canzoni. Non mi do delle risposte, non cerco soluzioni, ma fotografo la realtà. Mi piace l’idea di poter fare dei dischi che abbiano un tema principale, che non siano una semplice compilazione di brani. Mi sono divertito molto a creare un concept, inventandomi delle storie e dei personaggi.
Per i personaggi del tuo album, Ilaria o Luigi delle Bicocche, ti sei ispirato a persone che realmente hai incontrato sul tuo cammino?
Sono delle figure immaginarie che contengono diversi personaggi accomunati da uno stesso modo di fare, le stesse idee, gli stessi obiettivi.
Sei un cantante ironico e critico, divertente, ma anche impegnato. Come ti vedi nel ruolo di cantante di protesta?
Male perché non sono un cantante di protesta, ma un cantante che protesta. A me più di tutto interessa l’arte, che esercito attraverso temi che mi stanno a cuore. Protestare tramite la musica per me è anche un modo per sedare reazioni dirompenti di altro tipo: di fronte a certe realtà per me intollerabili la prima forma di difesa è cantare. Non mi sento a mio agio nel ruolo di cantante di protesta a tutti i costi, io sono uno che fa la sua musica guardandosi intorno, tutto qui. Com’è cambiata la tua musica nel corso degli anni? Come definisci il tuo genere musicale?
Nel corso degli anni mi sono avvicinato sempre di più alla musica suonata rispetto all’elettronica e al campionamento a cui ero abituato quando ero più giovane. Oggi sono molto più attratto dai suoni delle chitarre, batterie acustiche che poi mischio a quello che è il mio background musicale, quindi mi sto avvicinando, in qualche modo, a una forma di cantautorato.
Sei ancora impegnato nell’aiutare giovani gruppi musicali ad emergere? In cosa consiste il tuo supporto?
Prima di raggiungere la popolarità avevo il tempo di produrre degli album, come fanno anche tanti altri artisti. Quello che faccio adesso è sostenere i nuovi gruppi andando ai loro concerti, parlando con loro, dando qualche consiglio e partecipando alle loro canzoni in maniera totalmente amichevole. Si tratta soprattutto di cantanti molfettesi, baresi o salentini. Diciamo che ho messo il mio zampino un po’ dove potevo.
Tu sei pugliese, ma per un periodo della tua vita hai vissuto a Milano per poi ritornare di nuovo nella tua Molfetta. Com’è andata? Sei scappato da Milano o ci sono altri motivi che ti hanno riportato in Puglia?
Quando ero a Milano a studiare sapevo che sarei tornato in Puglia: è stato solo un soggiorno di studio e non ho mai pensato di trasferirmi. Il mio sogno sarebbe quello che si creasse una realtà importante in Puglia che storicamente è sempre stata una regione di emigranti. Chi se ne va, per forza di cose deve lasciare i luoghi dell’infanzia e gli affetti e quindi è sempre una cosa un po’ triste che a me piacerebbe potesse non avvenire più.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Più che un progetto ho un piccolo sogno che spero di riuscire a realizzare nell’età della ragione. Mi piacerebbe, un po’ come tutti i cantanti, creare una mia etichetta discografica qui in Puglia.
Cosa ne pensi della vittoria di Obama in Usa?
Più che soffermarmi sulla vittoria di Obama, che indubbiamente rappresenta una forma di cambiamento importante, io mi fermo a pensare a questa visione che viene dagli Stati Uniti di una politica molto partecipata, cosa che qui in Italia si sta perdendo perché le persone sono totalmente sfiduciate nei confronti della politica e difficilmente escono di casa per andare a fare file chilometriche davanti ai seggi. C’è stata una grande voglia da parte degli americani di farsi parte attiva di queste elezioni, una voglia probabilmente alimentata dal mondo dell’informazione che ha sottoposto i due candidati a un vero e proprio “torchio” mediatico. Questo da noi non avviene: le elezioni sono molto vicine ad avere solo un effetto soporifero sulla gente.
E della protesta degli studenti qui in Italia? Qual è il tuo punto di vista?
Sono contentissimo che ci siano ancora persone che dimostrano con impegno le proprie idee senza farsi abbindolare. Vedo in questo ancora una visione romantica della realtà per cui sono uno di quelli che appoggia questa timida, ma forte forma di sessantottismo che sta venendo fuori in questo periodo.

sabato 25 ottobre 2008

L'arte in metropolitana

Metropoli e velocità, l'ambizione è il dono dell'obiquità, lotta dell'uomo metropolitano contro il tempo. Mutamento e movimento, uomo e città. Sarà questo il tema di City Bernetica, una mostra temporanea che sarà allestita in un luogo assolutamente atipico: in metropolitana, alla fermata di Loreto. Alle radici della città, laddove tutti passano, l’Associazione culturale per le arti contemporanee Arsprima con l’ ospitalità del consorzio Arredatori Milanesi, inaugura Tube Gallery, un esperimento che avrà la durata di un anno. Ogni mese sarà inaugurato un tema diverso che gli artisti di Arsprima saranno chiamati a interpretare con le loro opere. Installazioni, quadri, sculture, video e tutti i mezzi che l’arte contemporanea prevede saranno i mezzi per parlare e comunicare con i milanesi che vivono la “pancia” della città. La mostra, che sarà inaugurata venerdì 24 ottobre dalle 18.00 alle 21.00, nasce da un’idea del presidente di Arsprima Cristina Gilda Artese e di Angelo Di Palma. “Sentivamo il bisogno di allestire uno spazio nuovo oltre alla nostra sede espositiva – spiega Di Palma -, ma volevamo che si trattasse di un luogo innovativo e particolare, che potesse essere la giusta cornice per l’originalità che contraddistingue i nostri artisti”. Stefano Abbiati, Silvia Argiolas, Sarah Geraci, Barbara Giorgis, Alessandro Giordani, Daniele Giunta, Kruno Jasprika, Silvia Idili, Silvia Meis, Marco Minotti, Giuliano Sale, Siva. Sono questi i nomi dei pittori e degli scultori che saranno presenti all’esposizione City Bernetica. L’inaugurazione della mostra sarà anche l’occasione per presentare la nuova rivista d’arte “Or not” che verrà distribuita gratuitamente ai presenti. L’appuntamento, dunque è presso la fermata metropolitana Loreto con City Bernetica, mentre il prossimo appuntamento è per novembre 2008 con il nuovo tema Alone: solitudine e sviluppo del narciso.

martedì 21 ottobre 2008

Da "Amici" alle scuole d'arte milanesi

Grande Fratello, L’Isola dei Famosi, Uomini e Donne. I reality che affollano la televisione odierna infondono spesso false speranze in giovani e meno giovani: sembra quasi non essere più così fondamentale essere «bravi in qualcosa» per raggiungere la fama. Chi sfonda in qualità di «tronista», chi come ex inquilino della casa del Grande Fratello. Facce sconosciute che dall’oggi al domani riempiono le pagine dei rotocalchi e siedono nei salotti tv per diventare note al pubblico nel giro di poco. Peccato che altrettanto poco tempo sia sufficiente perché il grande pubblico rimuova dalla propria memoria fotografica il volto di questi personaggi spesso privi di qualunque attitudine artistica. Almeno i ragazzi di Amici, come si dice, «qualcosa sanno fare». E a poche settimane dall’inizio della fortunata trasmissione condotta da Maria de Filippi c’è grande fermento tra ragazzi e ragazze di tutta Italia. Sulla scia della trasmissione sono tantissimi i ragazzi che si appassionano alla danza, alla recitazione e al musical, ma a Milano non è così facile orientarsi tra le numerosissime scuole. Difficile rendersi conto quali siano le migliori, che permettano un corso di studio serio senza per forza rivolgersi al Piccolo Teatro, alla Scala o al conservatorio. Una regola generale può essere quella di controllare con attenzione il curriculum dei docenti, sia che si tratti di ballerini, di attori o cantanti. É importante anche accertare quali artisti si siano formati nel corso degli anni nella scuola che si sta considerando. Nella scelta del corso, poi, è buona norma evitare di usare come discriminante il costo, in quanto non è detto che una scuola più dispendiosa sia necessariamente migliore. Anzi, specie negli ultimi anni, molte scuole ottengono finanziamenti pubblici e, quindi, superando dei test di ammissione è possibile seguire i corsi anche gratis. Detto questo, per i milanesi interessati alla danza, dei buoni istituti possono essere il Centro Studi Gianni Zari, lo Spid (Scuola Professionale Italiana di Danza), Principessa Dancing School oppure il Centro studi coreografici teatro Carcano. «Principessa Dancing School offre un’ampia proposta per i ragazzi appassionati di danza che vogliono sperimentare le proprie capacità - spiega la fondatrice della scuola Maria Antonietta Berlusconi Beretta -. Le gioie e i dolori di uno studio di danza sono una prova per capire se c’è la stoffa per pensare al futuro. Trovo che il ballo sia un’ottima palestra per i giovani perché insegna a conoscere i propri limiti e a relazionarsi con gli altri e aiuta a mantenere un ordine fisico e mentale». Per chi preferisse dedicarsi alla recitazione, invece, si potrebbe rivolgere al Centro Teatro Attivo, a Quelli di Grock o alla scuola di teatro del Teatro Libero di Marcella Formenti. «La scuola di teatro Quelli di Grock da più di 30 anni si pone fra le più prestigiose realtà formative private di tutto il territorio nazionale - spiega Luca Gatti, insegnante di recitazione -. La scuola è frequentata ogni anno da centinaia di allievi e propone una ricca rosa di corsi: corso attori, mimo, teatrodanza, canto, dizione e doppiaggio, corsi di teatro per adolescenti, seminari e stage, laboratori di teatro per le scuole. Nei nostri corsi si affrontano nuove formule che mirano a valorizzare la creatività e la sensibilità di ogni individuo e aiutano a trasformarne le potenzialità personali in espressioni compiute. Così si crea un percorso didattico forte di esperienza, ma costantemente alimentato dal desiderio di esplorare e di conoscere». Ma c’è anche chi ama la formazione artistica a 360° e non vuole farsi mancare niente. Per queste personalità a tutto tondo non mancano a Milano valide scuole di musical per imparare a ballare, recitare e cantare allo stesso tempo. Una delle più rinomate è la Sdm - Scuola del musical, con la collaborazione di Saverio Marconi (regista di musical come Grease con Lorella Cuccarini, Sette spose per sette fratelli, Pinocchio, Tutti insieme appassionatamente e Cabaret con Michelle Hunziker) e diretta da Federico Bellone. In alternativa esiste The Actor’s Academy, fondata grazie al supporto dell’attore Edoardo Costa dove si può godere dell’insegnamento di grandi docenti che hanno lavorato proprio a Hollywood, patria del musical per eccellenza.

martedì 16 settembre 2008

Un gioco per raccontare la Milano che cambia


In che modo è possibile sviluppare l’affezione per il territorio attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie? La risposta è Milano Mashup, un gioco urbano interattivo ideato e prodotto da Metaflow e Urban Screen per il Comune di Milano, che avrà inizio in Ottagono (Galleria Vittorio Emanuele) sabato 20 settembre e proseguirà per i quattro sabati successivi per terminare l’11 ottobre. L’idea è di Mario Flavio Benini, direttore creativo dell’agenzia di comunicazione culturale-commerciale Metaflow, che si è inventato un nuovo modo per raccontare il territorio avvalendosi dell’uso del cellulare tramite l’invio di sms e mms e del mixaggio in tempo reale. Chiunque può iscriversi e partecipare al gioco che avrà una durata di quattro ore per ogni giornata che avrà un tema specifico e un coordinatore di rilievo. Per lo scrittore Gianni Biondillo il tema sarà «Dove corre la nuova metrò», per il blogger Roberto Moroni «Hai paura del buio», per le designer Anna Barbara e Carolina Rapetti dello studio Lab «I’m. Piacere Milano» e per lo scrittore Gianluigi Recuperati «I ricordi possono aspettare?». All’inizio del gioco i coordinatori spiegheranno ai partecipanti in che modo hanno intenzione di affrontare il tema della giornata e li «spediranno» in specifiche location della città. In seguito i giocatori riceveranno sul proprio telefonino delle istruzioni sul tipo di materiale che saranno chiamati a produrre e a riinviare immediatamente ai cordinatori sotto forma di brevi testi sms o di fotografie mms. Dalla piazza Duomo, poi, questi verranno montati, mixati e proiettati in tempo reale sul megaschermo in modo da creare un racconto collettivo significativo. In un secondo momento, poi, il materiale raccolto verrà accuratamente selezionato per creare delle vere e proprie storie che verranno proiettate all’Ottagono, allo Urban Center e anche diffuse via internet. «Abbiamo invitato chiunque a partecipare - spiega Cinzia Moretti di Metaflow - dai ragazzini, alle famiglie, ai sessantenni, in modo da rendere una lettura della città da diversi punti di vista e aiutare tutti ad affezionarsi un po’ di più alla nostra Milano, troppo spesso vista solo come un grigio luogo di lavoro». Il progetto è stato fortemente sostenuto da Carlo Masseroli, assessore allo Sviluppo del Territorio che ha dichiarato: «Questa iniziativa davvero originale è uno degli strumenti che devono utilizzare i milanesi per capire il fermento della città, il momento importante che sta vivendo Milano nella sua trasformazione. Un gioco, ma anche un modo particolare e avvincente per raccontare la Milano che cambia».

Piero Pelù: "Nel rock italiano tante buone proposte"


Sta girando l’Italia dalla fine di giugno per far conoscere al pubblico la sua ultima creazione, l’album «Fenomeni». Piero Pelù sta calcando i palchi dello stivale portando il suo rock all’italiana tra novità e ritorno alla tradizione. Al suo fianco, l’affiatata band composta da Daniele «Tom Tom Barni» Bagni al basso, Paolo «Zio Pol» Baglioni alla batteria, Federico «Sago» Sagona al piano elettrico e Cosimo «Zanna» Zannelli alle chitarre.
Piero, hai passato l’estate in tour, come sta andando?
Sono veramente felicissimo di come sta andando questa tournée, ma soprattutto della risposta del pubblico. Evidentemente questo ultimo album, «Fenomeni», ha ricucito un po’il legame con i vecchi fan dei Litfiba, quelli più rocchettari, che grazie a questo sound si sono riavvicinati alla mia musica. Sono orgoglioso anche della band che sta suonando molto bene. Suonano con me musicisti molto preparati con degli arrangiamenti nuovi che funzionano davvero. Poi lo spettacolo è elaborato e completo perché ha una scaletta ricca che non include soltanto pezzi del nuovo album, ma anche diverse «perle» che provengono da tutta la mia carriera artistica. Lo show, inoltre, non è composto di sola musica, ma abbiamo inserito anche diverse parti mimiche e parlate che mi diverto molto a fare e allo stesso tempo riscuotono un forte apprezzamento da parte del pubblico.
Ormai fai parte della scena musicale rock dagli anni Ottanta. Come si è evoluto questo genere in Italia?
Il rock si è evoluto insieme all’innovazione tecnica. In particolar modo l’avvento del computer ha rappresentato la svolta perché ormai con pochi soldi si riescono a produrre dei demo o anche dei dischi che prima costava un occhio della testa realizzare. Nei primi anni Ottanta anche gli studi erano tutti di scarsissima qualità
Esistono giovani gruppi italiani che oggi come oggi possano rappresentare degnamente il genere rock?
Gruppi emergenti degni di nota ce ne sono a decine. Il mio show di Milano, per esempio, è stato aperto dai Graffito, un gruppo metà milanese e metà torinese che è veramente molto interessante, suona una bella miscela italiana di rock, metal, funky e rap. Sono molto orgoglioso che questa band abbia suonato prima di me.
Durante la tua carriera artistica hai avuto modo di collaborare con diversi artisti tra cui Jovanotti, Gianna Nannini, Ligabue e perfino Mina. C’è ancora qualcuno con cui ti piacerebbe lavorare?
Sono veramente tanti gli artisti italiani che stimo e non mi va di fare nomi perché rischierei di dimenticare qualcuno. A me piace molto la collaborazione in generale, mi piace sempre perché rappresenta uno scambio e tutto quello che è scambio è allo stesso tempo arricchimento personale e crescita. Qui ci si riallaccia un po’ al tema che tratto nel secondo singolo del mio ultimo album «Viaggio» in cui dico proprio che lo scambio di sguardi, di esperienze, di parole è ciò che ci permette di crescere.
A proposito del tuo ultimo album, in «Né buoni, né cattivi» hai cantato della separazione con i Litfiba, in «UDS-l'uomo della strada» hai affrontato temi sociali, «Soggetti smarriti» è un lavoro introspettivo e autobiografico: di cosa parla, invece, «Fenomeni»?
Fenomeni è un disco incentrato principalmente sull’importanza e sulla difficoltà della comunicazione al giorno d’oggi. Cerco di affrontare questo tema a 360° da tutti i punti di vista.
C’entra qualcosa questo col fatto che tu abbia voluto raccontare in tempo reale sul tuo Myspace di internet le varie fasi della registrazione dell’album?
Sì, è pienamente nel tema del disco e io mi sono divertito molto a tenere questa sorta di diario di bordo che mi piacerebbe riproporre anche per i prossimi lavori. È qualcosa che nella mia storia di artista mancava. Questo ha permesso un po’ a tutti di entrare gradualmente nell’atmosfera dei pezzi nuovi e creare anche una certa partecipazione facendo vedere, con una pillola quotidiana, ciò che succedeva in studio.
Questo, per caso, vuole essere un tentativo di raccogliere anche fasce di pubblico più giovani, tra quelli che hanno più dimestichezza con internet?
Sinceramente non mi sono mai preoccupato del target. Questo è un problema che spetta agli esperti di marketing, ai pubblicitari e agli esperti di management. Io sono un artista e se dovessi suonare calcolando quella che dovrebbe essere la risposta finirei a fare musica di plastica. Invece la mia, dopo tanti anni, cerca ancora di essere una musica delle emozioni. Quando avviene l’incontro con chi è interessato alle mie emozioni scatta un bellissimo feeling, se quest’incontro non avviene non importa, non è compito mio piacere a tutti.

giovedì 21 agosto 2008

L'estate del Poldi Pezzoli

Per i milanesi che rimangono in città a trascorrere queste afose giornate di agosto, una valida alternativa alla piscina o al centro commerciale è offerta dal Museo Poldi Pezzoli per passare un pomeriggio all’insegna della cultura, ma anche del divertimento. Il museo, infatti, resta aperto per tutto il mese di agosto offrendo valide iniziative per tutte le fasce di età, con particolare attenzione ai più giovani. Sono previste visite guidate, workshop e laboratori didattici per far vivere l’arte in modo completo a grandi e piccini. «Le audioguide hanno diversi livelli di approfondimento – spiega Federica Manoli, storico dell’arte del Poldi Pezzoli -. Nello specifico esistono due differenti percorsi molto divertenti per bambini delle medie e delle elementari che i genitori potranno seguire con un auricolare. In questo modo tutta la famiglia può condividere la visita alle opere». A tenere compagnia ai bimbi c’è il fantasmino Poldo. Per tutta l’estate, infatti, i piccoli visitatori potranno ascoltare i racconti dello spiritello buono che abita nella casa-museo, utilizzando gratuitamente le audioguide realizzate apposta per loro. Per i bambini dai sei ai 10 anni, poi, l’appuntamento è intitolato «Dove sono i tappeti?» in cui i piccoli visitatori, accompagnati da guide specializzate, seguono un itinerario alla ricerca dei tappeti raffigurati nei quadri che si trovano nelle diverse sale del museo. Al termine della visita tutti i bimbi ricevono la scheda didattica «Aggiungi un animale al nostro tappeto» su cui disegnare un animaletto di propria invenzione. Per gli adulti, invece, l’attenzione si focalizzerà sulla mostra «Il frammento ritrovato. Il tappeto di caccia e altre storie», alla scoperta delle appassionanti vicende del prezioso tappeto di caccia e dell’intera collezione di tappeti del Poldi Pezzoli, esposta per la prima volta al pubblico dopo circa dieci anni di assenza. Questo grandioso tappeto, costellato da vivaci scene di caccia che si intrecciano alla ricca
decorazione floreale sul fondo blu scuro, è uno dei capolavori conservato al Poldi Pezzoli. Eleganti cavalieri che indossano i costumi dei cortigiani dello Sha Tahmāsp sono raffigurati mentre
affrontano animali selvatici e lottano con bestie feroci, in un intreccio di azioni e colori da lasciare senza fiato. I dodici tappeti del Museo Poldi Pezzoli formano una collezione molto eterogenea per qualità, importanza e provenienza. Il nucleo principale di essa è costituito da tappeti di corte, persiana, anatolica e egiziana, taluni di fattura così raffinata e di tale rarità da rendere la collezione famosa in tutto il mondo. Ma nel museo si possono ammirare anche raccolte di dipinti, orologi meccanici e solari, pizzi e ricami, si sono aggiunte negli ultimi decenni, grazie a generose donazioni da parte di collezionisti privati. Ogni martedì e giovedì l’ingresso è ridotto per i genitori (4 euro) e gratuito per i nonni (over 60) che accompagnano i bambini (ingresso gratuito) al museo. Mercoledì 20 agosto, invece, l’ingresso sarà gratuito per tutti i visitatori.

mercoledì 23 luglio 2008

Sud Sound System, reggae salentino

Una fettina di Salento si è trasferita all’Idropark di Segrate ieri sera per il concerto dei Sud Sound System. Don Rico, Terron Fabio, GGD, Papa Gianni, Nandu Popu, attualmente impegnati nel loro tour italiano, sono stati accompagnati sul palco dalla Bag a Riddim Band. Il grande carisma del gruppo, l’uso del dialetto salentino nel reggae, la freschezza delle loro trovate musicali e l’impegno senza retorica dei testi hanno in breve tempo conquistato la scena musicale attuale. I Sud Sound System hanno presentato il loro nuovo album «Dammene Ancora» da cui è estratto il nuovo singolo «Piano» che da qualche giorno è possibile ascoltare in radio. La band è sempre più parte della comunità internazionale del reggae, vive la propria musica con un respiro ampio, che va oltre le restrizioni e le chiusure di ogni tipo di barriera, geografica, linguistica o di genere che sia. Ne sono una riprova le numerose collaborazioni che scaldano che danno vita a una sound d’eccezione, con nomi come Jah Mason, Kiprich, Esco, Morgan Heritage, Neffa, Laza, Bling Dawg, Daddy Freddy.

lunedì 21 luglio 2008

Iniezione di humor balcanico per prendere la vita col sorriso

Forse il suo nome non ci dice nulla o ci suona solo lontanamente familiare, ma le sue colonne sonore le conosciamo bene e la celebre «Kalashnikov» almeno una volta l’abbiamo sentita tutti. Goran Bregovic porta stasera la sua musica e l’atmosfera tipicamente zigana alla Villa Reale di Monza. Il musicista serbo, accompagnato dalla sua piccola Wedding & Funeral Band, presenterà oltre ai brani indimenticabili tratti dal suo repertorio di musiche per film, alcuni pezzi del suo ultimo album «Karmen». Dal 1977 Goran Bregovic compone alcune delle colonne sonore più famose dei nostri tempi tra cui «Arizona Dream» del 1993 e «Train de Vie» del 1998. Con la radici nei Balcani, di cui è originario, e la mente nel XXI secolo, le composizioni di Bregovic mescolano le sonorità di una fanfara zigana, le polifonie bulgare, una chitarra elettrica e percussioni tradizionali con delle accentuazioni rock, dando vita a una musica che ci sembra istintivamente di riconoscere e alla quale il nostro corpo difficilmente sa resistere. Una fusione tra la musica popolare balcanica, il tango e le bande di ottoni. Sonorità fragorose, selvagge, un po’ alticce, alternate ad altre solenni, toccanti, come il tema del «Tempo dei gitani», «Ederlezi», che da’ anche il titolo al cd-antologia delle colonne sonore di Bregovic. Una formula che fonde Bartok e il jazz, tanghi e ritmi folk, suggestioni turche e vocalita’ bulgara, polifonie sacre ortodosse e moderni battiti pop. «Tales And Songs From Weddings And Funerals» del 2002, il penultimo album, riporta Bregovic alle sue caratteristiche sonorità. Con questo album, come scrive il critico Riccardo Bertoncelli, «salta in alto nei cieli della fantasia e del gioco, ma sa sporcarsi anche le mani con le pene della vita; che diverte e commuove, che sogna e si strugge in un mutevole paesaggio sonoro di fanfare gitane e trattamenti elettronici, di fiati dolenti e bicchieri usati come percussioni, e una sveglia come metronomo». Canzoni e racconti strettamente legati tra humour e malinconia. A dare colore e anima ai concerti di Berogovic è sempre la straripante «orchestra dei matrimoni e dei funerali». Ma nonostante il successo legato alla sua timbro particolare, il cantante lascia spazio alla sperimentazione con l’ultima creazione «Karmen»: «Ora non mi interessa la carriera, ma solo la musica. Mi diverto a provare di tutto, dalle canzoni per bambini alle sinfonie più complesse». Un punto, per il musicista bosniaco, resta fermo: «È sempre meglio una banda gitana, magari stonata, di una “Madame Butterfly“ imbalsamata dalla routine». Non si stancherà mai di esplorare le frontiere della musica Goran Bregovic. Ma nel cuore gli resterà sempre lo spirito libero e selvaggio della frontiera balcanica.

giovedì 10 luglio 2008

I Buena Vista all'Idroscalo

Una volta il Buena Vista Social Club era solo un locale dell’Avana il cui ingresso era riservato unicamente ai neri. Concentrava i suoi sforzi nell’organizzazione di sale da ballo dove orchestre di varia estrazione accompagnavano le danze tipiche della tradizione cubana e la strada su cui affacciava il club si riempiva di appassionati, spesso bianchi. A più di settant’anni dalla chiusura, la sua memoria rivive nel nome del gruppo cubano, forse, più famoso al mondo: i Buena Vista Social Club che suoneranno stasera in un concerto gratuito all’Idropark di Segrate. Il gruppo si presenta con i suoi componenti storici (Cachaíto López, Manuel Galbán e Aguaje Ramos) e le canzoni più belle e caratteristiche che li ha resi famosi: da «Chan chan» a «Hasta siempre comandante» a «Dos gardenias para ti». Siamo negli anni settanta quando il percussionista Juan de Marcos Gonzàlez ha la felice intuizione di mettere insieme un’orchestra capace di riscattare il genere delle big band di jazz afrolatine, riunendo le figure chiave del panorama cubano e della sua musica tradizionale. Alla formazione originale del gruppo, che si chiamava «Afro Cuban All Stars», si affiancano musicisti celebri del calibro di Compay Segundo, Ibrahìm Ferrer, Guajiro Mirabal e Manuel Licea. Ma è solo nel 1996 che comincia la produzione di dischi, tra cui il grande «Buena Vista Social Club» che vince il Grammy nel 1998 e riscuote un incredibile successo in tutto il mondo. Dopo la vittoria dell’award, il regista Wim Wenders scopre i Buena Vista Social Club e realizza un famosissimo documentario dall’omonimo titolo che racconta Cuba, la band e la sua musica che la rende definitavamente il riferimento delle sonorità cubane. Le canzoni dei Buena Vista sono ballate tradizionali che sono una scusa per raccontare la realtà di Cuba, le storie intestine all’isola, i suoi problemi e i suoi protagonisti. I ritmi sono lenti e rilassati, più vicini al jazz che ai tipici balli latini con cori, controcanti e chitarre sempre in prima linea. Le voci sono calde e profonde, provengono dal cuore per raccontare esperienze e vite sperdute. Il concerto di stasera sarà un’occasione da non perdere, quindi, per chi ha voglia di essere proiettato per una notte sull’isola dalla storia più affascinante e tormentata di tutto il latinoamenrica, in un’irresirtibile ondata di colori e sensazioni.

venerdì 27 giugno 2008

Festival jazz nelle periferie di Milano

Dopo il grande successo riscosso nel 2005, torna a Milano la rassegna musicale «Il ritmo delle città». 24 concerti jazz tra il 23 giugno e il 29 luglio che si terranno nelle periferie di Milano con lo scopo di valorizzare le realtà locali e la musica suonata dai giovani. L’iniziativa è promossa e sostenuta dal Comune di Milano - Assessorati alla Cultura, Tempo libero, Aree cittadine e Consigli di Zona, in collaborazione con l’associazione delle Arti e delle Corti, l’associazione Musica Oggi e l’associazione Jazz Company e con il contributo della Fondazione Cariplo, del Politecnico di Milano e dei Consigli di Zona 3 e 8. «Il ritmo delle città» si configura come una sorta di visita guidata all’interno del mondo della musica jazz attraverso un percorso inconsueto in luoghi fuori mano, estemporanei, assolutamente non teatrali. Lo scopo è quello di offrire un programma musicale nelle periferie di Milano e, tramite questo, promuovere una nuova lettura di luoghi che possono arricchire il bagaglio culturale della nostra città. I concerti avranno luogo, ad esempio, presso l’Orto Botanico in via Valvassori Peroni, presso le sale del Politecnico-Bovisa, nel Parco di Villa Scheibler, nell’Area campo bocce di via Cancano al Parco delle Cave o al Padiglione Lambruschini del Parco Trotter. Sarà in queste location che la musica jazz verrà interpretata in tutte le sue forme e declinazioni e intrecciata con altre e diverse forme d’arte. Jazzisti italiani e star internazionali si alterneranno a gruppi di giovani appartenenti ai Civici Corsi di Jazz, unica scuola italiana ad affrontare in profondità l’intero corpus degli stili jazzistici, comprese le linee contemporanee ed europee. Gli studenti ed ex-studenti della scuola di musica, all’interno della rassegna, avranno uno spazio tutto loro chiamato «Tales in jazz» in cui faranno conoscere la propria idea di jazz al loro primo vero pubblico. La Jazz Company Orchestra, Enzo Jannacci con Enrico Intra, Rossana Casale, il Kenny Byron Trio, Lucilla Giagnoni, invece, sono solo alcuni dei grandi nomi che si esibiranno nell’ambito del festival. Ad aprire la rassegna, però, sarà un ospite d’eccezione, il batterista jazz per definizione Tullio De Piscopo, che si presenterà all’Orto Botanico con un omaggio a una figura storica della batteria: Max Roach. Il batterista afroamericano scomparso lo scorso anno ha sempre rappresentato per De Piscopo un riferimento stilistico e tecnico-strumentale. La figura di Roach verrà ricordata attraverso i brani più famosi e significativi del suo repertorio, interpretando sia i pezzi di gruppo che gli assoli. Il batterista napoletano rielaborerà i pezzi di Roach con la precisione e passionalità che da sempre hanno contraddistinto il suo stile.

Alexia è cresciuta: "Alé"

Sembra ancora una ragazzina Alexia con quel capello corto platinato e il mini-top di paillettes che le lascia scoperta la pancia. Ma già dalle prime note del suo ultimo album «Alé» si capisce che qualcosa è cambiato. Le nuove canzoni, presentate all’Armani Privé di Milano, non hanno più nulla della dance spensierata di «Ti amo ti amo» né della pacatezza rythm&blues degli ultimi anni. A rappresentare la nuova Alexia, neomamma poco più che 40enne, è il sound ruvido del pop-rock che concilia aggressività e riflessione. «Non rinnego nulla del mio passato - spiega Alexia -, ma i generi con cui mi sono confrontata non erano sufficientemente flessibili per descrivere quella che sono oggi». C’è spazio per lunghi assoli di chitarra, per gli effetti delle tastiere e per confrontarsi con acuti e modulazioni di voce. Il titolo dell’album, «Alé», vuole essere un incitamento per tutti a vivere con grinta e con coraggio. «Conduco una vita normale - spiega Alexia -, vado a fare la spesa e prendo i mezzi pubblici come una milanese qualsiasi, per questo mi identifico con la società che mi circonda e con il mio nuovo lavoro voglio dare un messaggio forte che raggiunga tutti». Dopo il successo ottenuto grazie anche alla collaborazione di una grande casa discografica come la Sony-Bmg, Alexia prova a camminare con le proprie gambe: il nuovo album, infatti, è il primo lavoro totalmente autoprodotto e distribuito dall’etichetta indipendente Edel. Anche i testi delle canzoni mostrano un nuovo carattere e una certa maturità. All’interno di essi Alexia riversa tutta sé stessa, le sue emozioni di mamma e donna, le sue paure, i suoi sogni. Tocca tematiche intimiste e private come nel brano «Mio padre», racconta la società contemporanea col primo singolo «Grande coraggio», mentre in «L’immenso» esprime una personale filosofia di vita. «Occhi negli occhi», invece, è una tenera dedica alla figlia, Maria Vittoria, di 16 mesi, nata dall’amore tra la cantante e Andrea Camerana, nipote di Giorgio Armani. Dopo la registrazione del nuovo album in versione inglese, Alexia si dedicherà all’allestimento del tour che dovrebbe partire a fine luglio. Di sicuro il 18 luglio parteciperà a una trasmissione di Rai Uno dedicata a Padre Pio e il 25 luglio sarà a Pompei per «La notte degli angeli», in onda su Rai Due il prossimo agosto, mentre il 16 agosto si esibirà addirittura a Pechino, in casa Azzurri, in un concerto organizzato dal Coni.

sabato 17 maggio 2008

Le voci dell'editoria

Cinquanta interviste per raccontare il mondo dell’editoria. È l’idea di fondo del libro Voci dell´editoria. Interviste sui mestieri del libro interamente creato dai 50 studenti del terzo anno del Laboratorio di editoria dell´Università Cattolica e presentato lo scorso 14 marzo in aula Bontadini. Madrina della presentazione e protagonista di una delle interviste Laura Bosio, docente, scrittrice ed editor che è intervenuta alla manifestazione insieme all’editore Ulrico Carlo Hoepli. Dopo i ringraziamenti di rito, Roberto Cicala, direttore del Laboratorio di editoria, ha lasciato la parola alla scrittrice che ha tenuto una lezione aperta sul tema Dall´autore al lettore raccontando il mestiere del lettore editoriale e il suo personale percorso professionale.
«Spesso – ha esordito la Bosio - la gente mi chiede: “come posso fare a invogliare mio figlio a leggere?” L’unico consiglio che mi sento di dare in questi casi è di far leggere un libro al bambino e stare a vedere se capita qualcosa nella sua mente: un viaggio, una scoperta, un’avventura». Queste sono un po’ le stesse sensazioni di cui deve tener conto il lettore editoriale quando comincia a sfogliare un nuovo manoscritto che potrà ottenere una buona critica e, dunque, meritarsi la pubblicazione. Può capitare, però che un libro risulti insipido, non perfettamente riuscito o poco comunicativo. «Personalmente se una storia non mi prende, difficilmente riesco ad arrivare fino in fondo – ha spiegato la scrittrice -, ma non è detto che per questo non rappresenti un buon lavoro». In questo caso bisogna immedesimarsi nella pluralità di sensibilità presenti nel panorama dei lettori e cercare di capire se quel libro che non ci è piaciuto particolarmente può interessare qualcun altro. «Come diceva Giuseppe Pontiggia – ha raccontato Laura Bosio – bisogna esercitare una lettura “come se”, ovvero interpretando le caratteristiche del possibile acquirente». Dopo la prima lettura, l’editor compila una scheda sul manoscritto in cui viene inserita la trama e un breve giudizio: se questo è positivo, prima di andare in stampa, avviene sempre un lavoro di “aggiustamento” del testo in collaborazione con l’autore. È importante che ogni parte del libro venga portata allo stesso livello di precisione e funzionalità. Ma per essere dei buoni lettori editoriali bisogna essere distaccati dal testo che solo in questo modo può ricevere una critica oggettiva. «Io sono anche scrittrice – ha concluso la Bosio – e spesso mi illudo di essere la prima lettrice di me stessa, ma questo non è possibile, si è sempre condizionati sui propri testi».
A nome dell’intero Laboratorio di editoria, poi, Camilla Cerioli ha spiegato come è stato condotto il lavoro di produzione del libro Voci dell´editoria. Interviste sui mestieri del libro. «Abbiamo cominciato a lavorarci a marzo – ha spiegato la studentessa – quando abbiamo deciso e ci siamo suddivisi le persone da intervistare. Abbiamo scelto un rappresentante per ogni categoria professionale che contribuisce alla creazione di un libro, dall’editore, al correttore di bozze, al traduttore, al lettore». Il Laboratorio ha voluto creare un prodotto di alto livello contattando voci illustri, non sempre semplici da reperire. Tra i protagonisti delle interviste ci sono la traduttrice di Harry Potter Beatrice Masini, l’editore Matteo Hoepli o Beppe Severgnini, sentito in qualità di lettore.

giovedì 15 maggio 2008

Tv e democrazia, il sogno di Al Gore

«In alcuni Paesi i mezzi di comunicazione di massa sono controllati da un élite, per questo penso che la libertà sia a rischio. Non posso parlare della situazione italiana, ma molto spesso la concentrazione dei media ha portato a escludere diverse voci». Parola di Al Gore che con un completo antracite abbinato a stivali in pelle nera in perfetto stile texano ha espresso il concetto all’Università Cattolica a Milano. L’ex vicepresidente degli Stati Uniti, premio Oscar con il suo documentario ambientalista Una scomoda verità e premio Nobel per la Pace è intervenuto all’incontro promosso dalla facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere e da Sky La Tv capovolta. Current: il nuovo corso dell'informazione per la presentazione di Current Tv, un network innovativo che farà dialogare televisione e internet nel nome dei giovani, protagonisti attivi della programmazione. Sul palco dell’aula magna insieme a Gore, dopo il saluto del rettore Lorenzo Ornaghi, Aldo Grasso, giornalista e docente di Storia della radio e della televisione, e Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali. Grasso ha introdotto l’incontro sottolineando l’importanza di sviluppare un nuovo tipo di televisione in seguito alla rivoluzione digitale: «Se non vorrà essere soppiantata dal fenomeno blog e internet – ha spiegato – la televisione deve trovare modalità di integrazione con questo media».
Ha uno spazio importante la tematica ambientale nella nuova avventura nel mondo dei media, Current Tv, visibile sul canale 130 di Sky, una televisione «che dà spazio alla voce dei cittadini», come Gore ha voluto più volte sottolineare. La nuova tv avrà una programmazione fatta di servizi brevi, i "pod", sette-otto minuti l'uno, centrati su argomenti di attualità, musica, arte, cultura, politica, sport e tutto quello che i 30 vanguard journalists che compongono la redazione riterranno interessante.
Un 30% della programmazione sarà costruito con i contributi degli spettatori, che manderanno i loro servizi al sito web, verranno votati dagli altri frequentatori del sito, filtrati dalla redazione e andranno, infine, in onda sulla tv. Il progetto di Current Tv, nata nel 2005 negli Usa e oggi in onda anche in Inghilterra e Irlanda, oltre che in Italia, ruota attorno ai concetti di libertà, indipendenza e democrazia, tre parole che Gore ripete continuamente per spiegare il progetto della sua tv partecipativa: «Internet ha introdotto nuove opportunità di libertà, consentendo alla gente di esprimere le proprie opinioni, di offrire la propria visione, di dare notizie e informazioni. Current vuole collegare Internet e la tv, in modo semplice e accessibile, creando un accesso ai media per gli individui di tutto il mondo. Current tv è l'unica rete televisiva di informazione totalmente indipendente».
Ma come nasce l’esigenza di creare una tv “dal basso”, in cui gli utenti non siano semplicemente chiamati a esprimere un giudizio su una trasmissione, ma a creare concretamente i contenuti di un canale televisivo? «Molte tv in Usa poco prima dell'invasione in Iraq hanno dovuto alzare la bandiera sostenendo la guerra, per paura di perdere investimenti pubblicitari o ascolti, inducendo così il paese a fare un errore storico. Il 77 per cento degli americani era convinto che fosse Saddam il mandante dell'11 settembre. C'è una forte necessità di combattere per la libertà di accesso ai media, che dovrebbe essere uno dei punti fondamentali della carta dei diritti dei cittadini».
L'Italia è il primo paese di lingua non inglese ad avere una sua Current tv: sito web e tv satellitare per dare a tutti, principalmente i giovani adulti (18-34 anni) il modo di produrre contenuti video che raccontino la realtà dall'arte alla politica. Le trasmissioni andranno avanti 24 ore su 24, alcune delle quali, dalle 18 in poi, saranno realizzate dal vivo in uno studio di Milano.
La scelta dell'Italia per Current è stata dettata, ha detto Gore, «dal grande dinamismo degli italiani, dalla loro creatività, dal loro ingegno, dal recente risveglio delle coscienze dall’intorpidimento a cui la tv generalista ha abituato. Ci aspettiamo che arrivi molto materiale dall'Italia».

venerdì 9 maggio 2008

Al Día Negro va in scena il poliziesco

Sesta edizione per El Día Negro, la giornata dedicata al giallo spagnolo che ogni anno alimenta nuovi spunti di meditazione e di indagine. Ospiti di pregio, nazionali e internazionali, studiosi, giornalisti e scrittori si sono dati appuntamento alla manifestazione organizzata dal professore Dante Liano (nella foto) del Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere dell’università Cattolica in collaborazione con l’Instituto Cervantes e si sono confrontati su diversi aspetti e declinazioni del genere poliziesco. Con un grande successo di pubblico, è stato assolto ancora una volta l’onere di un nome impegnativo. El Día Negro riecheggia infatti la Semana Negra, la superfiera letteraria che ha luogo ogni anno a Gijòn nelle Asturie. «Gli studenti partecipano sempre volentieri e si divertono molto – ha spiegato il professor Liano - perché un conto è sentire parlare i docenti che usano un linguaggio accademico e sistemi convenzionali, un altro è ascoltare gli scrittori che per mestiere raccontano storie brillanti».
La giornata si è articolata in due momenti distinti. Nel rispetto della tradizione la valorizzazione dello spagnolo ha avuto il suo momento privilegiato con una mattinata interamente in lingua. Nella conferenza intitolata La pista spagnola, sono intervenuti Juan Aparicio-Belmonte e Carles Quilez due giovani scrittori spagnoli. Aparicio tende all’invenzione letteraria, mentre Quilez è un giornalista della catena Ser, uno dei più importanti gruppi radiofonici, per cui si occupa di seguire gli avvenimenti di cronaca. Per questo motivo è riuscito a conoscere alcuni dei maggiori delinquenti della Catalogna e ha scritto libri sulla storia di alcuni di questi. Durante la tavola rotonda, lo scrittore, ha descritto alcune delle vicende che hanno coinvolto i suoi protagonisti. Dante Barrientos Tecùn, scrittore e professore dell’università di Aix-en-Provence ha spiegato la situazione del giallo in America Latina. Raul Argemì, ha raccontato la sua esperienza di scrittore argentino che ha sofferto la persecuzione durante la dittatura, incarcerato dal 1976 al 1986. Dopo diverse esperienze e viaggi ha riparato a Barcellona dove ha cominciato a scrivere gialli con successo, vincendo molti premi.
Dal dibattito è emerso che la letteratura noir spagnola e ispanoamericana è diventata la narrativa sociale del ventunesimo secolo. A differenza dei romanzi di genere dell’Ottocento questo tipo di letteratura è in grado di raccontare la società, non solo in modo preciso e convincente, ma anche in modo attraente e interessante. Il giallo in lingua spagnola si distingue inoltre per l’importanza della verosimiglianza. Non è fondamentale, infatti, che gli avvenimenti raccontati siano realmente accaduti, ma che sembrino veri. Per converso capita invece che alcuni fatti reali superino l’immaginazione. «In Argentina – ha raccontato Raul Argemì – esisteva, per esempio, una fabbrica di alibi. Si trattava di un’agenzia perfettamente costruita che procurava documenti, biglietti aerei falsi e tutto il necessario per avere scuse indiscutibili nei confronti della moglie o del datore di lavoro di turno».
Durante il pomeriggio l’incontro dal titolo Fantasia, storia, noir si è aperto alla letteratura in generale e al rapporto degli scrittori con i romanzi. Sono intervenuti Marcello Fois, apprezzato scrittore e sceneggiatore, Margherita Oggero, autrice di gialli che hanno per protagonista un’insegnante e che sono diventati una serie televisiva, Nicoletta Vallorani (nella foto a sinistra), insegnante di letteratura inglese e giallista. Hanno partecipato, infine, Ben Pastor (nella foto sopra) scrittrice di gialli storici ambientati nell’impero romano e Barbara Garlaschelli, scrittrice e sceneggiatrice. Si è parlato dell’importanza di essere dei lettori appassionati e onnivori per diventare dei buoni narratori e di quanto sia fondamentale la tecnica. «Una volta si pensava che per diventare scrittori si dovesse essere dei geni ai quali giungeva improvvisamente un’illuminazione – ha spiegato Nicoletta Vallorani –, invece è fondamentale conoscere le regole per poi, magari, infrangerle». Gli autori che hanno ispirato gli ospiti sono molteplici e spesso non giallisti. Per Fois sono stati basilari i romanzi d’avventura di Stevenson, Jack London e Jules Verne, Ben Pastor è rimasta affascinata da Moby Dick di Melville, mentre Margherita Oggero ha amato Alice nel paese delle meraviglie. Barbara Garlaschelli e Marcello Fois hanno spiegato quanto sia affascinante e al tempo stesso complesso scrivere un racconto: «La brevità del racconto – ha detto la Garlaschelli – può risultare spiazzante e poco rassicurante. È necessaria, inoltre, un’ottima capacità di sintesi che non tutti hanno». Per concludere, si è parlato di quanto sia soggettiva la passione per la lettura e difficile consigliare un libro soprattutto ai giovani, disabituati a questo tipo di passatempo che rimane, spesso, solo un pesante obbligo.

lunedì 5 maggio 2008

Si può dare di più

“Voglia di Cambiare - Seguiamo l'esempio degli altri paesi europei”
di Salvatore Giannella
Editore: Chiarelettere
Prezzo: Euro 13,60

Tutto comincia con una statistica dell’Università di Cambridge: l’Italia è il paese meno felice d’Europa. Dove le morti sul lavoro, il precariato, le case sempre più costose, i trasporti, l'energia, la sicurezza stradale, lo smaltimento dei rifiuti, la parità tra i sessi sembrano problemi impossibili da risolvere. Salvatore Giannella con il libro “Voglia di cambiare” dimostra che i problemi, anche quelli grandi, si possono affrontare e superare, basta guardare ai modelli di eccellenza degli altri paesi europei. Un viaggio complesso all’interno della buona politica, quella vera, concreta, lontana dagli slogan cui siamo abituati. Strade, case per tutti, aria pulita e città vivibili non sono un’utopia, ma una realtà che i nostri vicini europei possono sbandierarci sotto il naso senza problemi. La Svezia ha quasi azzerato le morti bianche, conquistando il primato mondiale della sicurezza sul lavoro con l’introduzione di un delegato per la salute e la sicurezza. E guai a fare i furbi: due ministri, infatti, sono stati costretti alle dimissioni per aver retribuito in nero la babysitter e non aver pagato il canone tv. Con l'invenzione della corsia dinamica, in Spagna non si vedono più ingorghi in entrata e in uscita dall'autostrada, mentre i treni corrono superveloci. A Friburgo, in Germania, i cittadini hanno detto no al nucleare, ma contemporaneamente hanno detto sì alle energie pulite e trasformato l'energia solare in un formidabile business. L'Inghilterra ha scelto i migliori architetti per progettare case popolari di pregio e quartieri a misura d'uomo, e con controlli severi ha dimezzato le stragi sulle strade. I danesi non hanno più l'incubo della precarietà grazie alla "flessicurezza", mentre a Copenhagen i rifiuti vengono bruciati nel cuore della città, in regola con le leggi (e con tecnologia made in Italy). Una valanga di esempi concreti che inducono sensazioni contraddittorie: da un lato delusione per la triste situazione italiana, dall’altro fiducia nella possibilità di migliorare le cose. I problemi non sono né di destra né di sinistra. Non è importante se ad affrontare un problema sia un governo di un certo colore: quello che conta è distinguere tra i politici che fanno le conferenze stampa per annunziare l'inizio di un progetto e quelli che lo fanno dopo. Quelli che lavorano col pensiero della prossima campagna elettorale e quelli che lavorano pensando alle prossime generazioni, al futuro. Con la voglia e la risolutezza, con regole precise, condivise e rispettate da tutti risolvere i problemi si può e le soluzioni sono di una semplicità sconfortante. La buona politica è anche alla nostra portata.

giovedì 24 aprile 2008

«Vi presentiamo gli impresentabili»

“Se li conosci li eviti”
Di Peter Gomez e Marco Travaglio
Chiarelettere editore
Principio Attivo, pp. 576, euro 14,60

Parte con una chiara divisione di buoni e cattivi il nuovo libro di Marco Travaglio e Peter Gomez. In “Se li conosci li eviti” i virtuosi, purtroppo, occupano solo poche pagine rispetto ai curricula dei malandrini che si trovano tra le liste dei partiti che hanno corso alle ultime elezioni. Un “manuale di pronto soccorso” per aiutare gli elettori a scegliere il meglio, o il meno peggio, tra i candidati, anzi tra i parlamentari nominati dai partiti grazie al Porcellum. Il sottotitolo parla da sé: “Raccomandati, riciclati, condannati, imputati, voltagabbana, fannulloni nel nuovo Parlamento”. Gli “impresentabili” sono di tutte le liste e colori. Oltre 150 biografie di politici, vecchi e nuovi, con tutte le loro malefatte. Il libro è concepito come una guida a sezioni per orientarsi nell’intricata rete della politica italiana. Per puntare il dito contro i furbetti che si comprano la casa a prezzi stracciati in pieno centro a Roma, contro e contro quelli che credono che l’attuale Papa si chiami Bonifacio o che l’America sia stata scoperta nel 1862. Ci sono anche quelli che dicono una cosa e poi fanno l’opposto come Walter Veltroni che nel 2006 dichiara di non aver alcuna intenzione di presentarsi come leader del centrosinistra o Berlusconi che dichiara di essersi battuto fino all’ultimo perchè Biagi restasse in Rai. Quelli che hanno votato l’indulto e quelli che hanno partecipato alla grande abbuffata della monnezza in Campania. E poi i voltagabbana, gli assenteisti cronici e quelli con la fedina penale sporca, o dubbia. A farla da padrone è il Popolo delle libertà, che ha rinnovato il repertorio con parecchie new entry per meriti penali. I condannati in primo o secondo o terzo del Pdl sono 25, più almeno altrettanti indagati o rinviati a giudizio, senza contare i miracolati dalla prescrizione. L’Udc vanta almeno 5 condannati, fra provvisori e definitivi. La Destra 2 rinviati a giudizio, tra cui il suo leader Storace. L’Arcobaleno ha due condannati, uno i Socialisti 1. Anche il Pd, nonostante la promessa di Veltroni di non candidare nemmeno i condannati in primo grado, schiera due condannati definitivi, un condannato in primo grado, uno in appello, cinque indagati, un rinviato a giudizio, tre salvati dalla prescrizione. Politici che uccidono la libertà di parola, l’etica, la moralità, la legalità. Politici che non hanno interesse a far “rialzare” la nostra povera Italia. Lo stile è quello a cui ci hanno abituato i due giornalisti che insieme hanno già scritto diversi libri come “Uliwood Party” (2006) o “Mani Sporche” (2007). Un calibrato mix di satira, cura per i dettagli e precisa documentazione è la ricetta che rende leggero e pratico il tomo di oltre 500 pagine. Travaglio e Gomez hanno mandato “Se li conosci li eviti” in libreria qualche settimana prima delle elezioni con lo scopo di orientare gli italiani a votare meglio: ma se non avete fatto in tempo a prenderlo prima di andare alle urne, potete comunque leggerlo adesso e farvi un’idea di chi ci ha governato e di chi ci governerà.

lunedì 21 aprile 2008

La leggerezza scolpita nel marmo


"Canova alla corte degli zar" Capolavori dall’Ermitage di San Pietroburgo
22 febbraio – 2 giugno 2008
Milano, Palazzo Reale

I pezzi esposti non sono molti,ma vale veramente la pena di spendere un pomeriggio (e i 9 euro di ingresso) a Palazzo Reale per la mostra "Canova alla corte degli zar".Sono solamente sette le statue scolpite da Antonio Canova, ma sono affiancate da quelle di altri grandi maestri come Bartolini o Dupré che rendono la mostra pregevole. Più di tutto il resto colpisce la leggerezza delle "Tre grazie": sembra impossibile che le tre ragazze che danzano in punta di piedi siano venute fuori da un pesante e anonimo blocco di marmo. Ci si perde nella bellezza dei volti e nella plasticità dei movimenti. Si potrebbe continuare a osservarle per ore. Così come le ali di un amorino che verrebbe voglia di accarezzare o l'insolita posizione di una giovane che, semisdraiata, si tocca un piede. Sono soggetti perlopiù laici quelli della mostra di Palazzo Reale, una danzatrice, le quattro stagioni, un pastore e diversi volti. Nella prima stanza le teste di un uomo e di una donna si guardano da un lato all'altro, mentre in un altro angolo prega una Maddalena accovacciata. Si ritrova la tipica perfezione dello scultore di Possagno, l'attenzione per i particolari e la cura per le espressioni. Il tutto avvolto in un'aurea di pacata dolcezza creata dalle note di pianoforte in sottofondo e alla luminosità del bianco marmo di Carrara.

sabato 5 aprile 2008

Giovani talenti per il nuovo spettacolo della Clerici


Il ritorno al passato fa presa, la musica leggera anni Sessanta piace, specie al pubblico televisivo del sabato sera. Cavalca il successo de “I migliori anni” di Carlo Conti il nuovo spettacolo condotto da Antonella Clerici in onda su Rai Uno dal prossimo 5 aprile. Venti giovani talenti tra i 10 e i 15 anni, provenienti da scuole di canto e dallo Zecchino D’Oro, saranno i protagonisti di Ti lascio una canzone, sfidandosi nella reinterpretazione dei successi del passato.«Canteranno dal vivo – sottolinea la Clerici – accompagnati dall’orchestra diretta dal maestro Leonardo De Amicis. Abbiamo scelto minorenni non professionisti per dare un messaggio di giovinezza e ingenuità: sarà divertente vedere ragazzini nati nel 2000 intonare i successi della musica italiana. Il programma vuole essere un omaggio alla nostra tradizione canora dimostrando il suo valore anche per le nuove generazioni». Ti lascio una canzone è prodotto in collaborazione con la Ballandi Entertainment, ideato e diretto da Roberto Cenci, e andrà in onda in quattro puntate in diretta dal teatro Ariston di Sanremo. La giuria sarà composta da cantanti ed esperti del settore che hanno debuttato in giovane età (sabato sarà il turno di Anna Tatangelo) e avrà il compito di giudicare le performance e assegnare il premio di qualità alla migliore. Ma sarà il pubblico da casa con il televoto a decretare la canzone vincitrice di ogni puntata e quella della finalissima. Accanto alle esecuzioni dei giovani cantanti ci sarà spazio per gli interventi comici di Max e Angelo, vincitori dell’ultima edizione di Stasera mi butto, e per l’esibizione di interpreti nazionali e internazionali. La super-ospite della prima puntata di Ti lascio una canzone sarà Liza Minnelli. «Canterà i suoi successi, da Cabaret a New York New York – dice la conduttrice – e spero che interagisca con i bambini». Ma non saranno solo i ragazzi e gli ospiti a esibirsi in performance canore: la stessa Antonella Clerici interpreterà la sigla di apertura con 40 ragazzi e promette un look «da hippy chic, molto colorato, firmato Laura Biagiotti». La nuova trasmissione, tuttavia, dovrà vedersela con gli alti ascolti della Corrida di Gerry Scotti: «Non ho l’ambizione di superare la Corrida che è imbattibile, lo sa anche il direttore di rete, Fabrizio Del Noce, che mi ha chiesto di mantenere lo share intorno al 20-22%. L’importante è realizzare un buon prodotto». Punta sul vivo, la Clerici, difende anche gli ascolti de Il treno dei desideri che si è visto sorpassare da C’è posta per te: «Contro un programma fatto così bene e che si rivolge allo stesso nostro target abbiamo ottenuto una media del 24-25%, che considero un grande successo. In un altra collocazione il Treno avrebbe raccolto anche il 28-30%». Nel frattempo la bionda conduttrice continua con La prova del cuoco. E a settembre? «Si vedrà».

martedì 1 aprile 2008

Disney on Ice: la magia arriva in Italia

"100 anni di magia Disney"
dal 9 al 13 aprile
Palasharp, Milano

Prendi Pinocchio e Mulan. Il Re Leone e i giocattoli di Toy story. La Bella addormentata nel bosco e Gli Incredibili. Tutti assieme, presentati dalla coppia per eccellenza, Minnie e Topolino, in quella che sembra essere la moda del momento: un musical sul ghiaccio. Non solo: un musical sul ghiaccio d’eccezione, che dal suo debutto nel 1999 è stato visto da più di 13 milioni di persone in tutto il mondo. Tutto questo è “Disney on Ice”, per la prima volta, dopo anni di attesa, in Italia, a Milano, Torino e infine Roma.
Le prevendite, già aperte su Ticketone e Vivaticket, stanno facendo registrare numeri da record: ma come potrebbe essere altrimenti per uno spettacolo dove oltre sessanta personaggi dai costumi sbalorditivi e curatissimi volteggiano sul ghiaccio dei palazzetti al ritmo delle musiche di maestri come Art Kempel e Stan Bread per portare davanti agli occhi di tutti le scene più famose dei cartoni Disney?
L’allestimento è di quelli monumentali: oltre 130 persone, 25 tir, e almeno tre giorni per essere montato tutto. Una superficie di oltre 840 metri quadri dove, sulle scenografie di David Potts, far vivere ai bambini – ma anche ai più grandi – la scena della balena di Pinocchio o del drago della Bella Addormentata, animati da macchine sceniche speciali, o dove far danzare La Bella e La Bestia, con le coreografie di Sarah Kawahara, che ha già vinto un Emmy Award e che ha lavorato con la pattinatrice Michelle Kwan, pentacampione del mondo.
Prodotto da Feld Entertainment, e presentato in Italia da Applauso Spettacoli, “Disney on Ice”, questa antologia dei più celebri brani della Disney, sarà presentato in 15 date, tre per ogni città. Dal 9 al 13 aprile al Palasharp di Milano, dal 16 al 20 aprile al Mazdapalace di Torino e infine al Palalottomatica di Roma dal 23 al 27.

sabato 15 marzo 2008

Una scomoda verità


"An Inconvenient Truth"
di Davis Guggenheim
con Al Gore
Documentario
USA 2006

La condizione del pianeta e i rischi che corre a causa dei gas serra è la scomoda verità che Al Gore si è impegnato a diffondere di persona attraverso un tour che si è esteso ai quattro angoli della terra e che con "An Inconvenient Truth" è diventata film. Ghiacciai che si ritirano, nevi che si sciolgono, innalzamento dei mari, ritiro delle coste. Sembrerebbe uno scenario apocalittico, ma è quello che sta succedendo al nostro pianeta. L’aumento della temperatura globale dovuto all’inquinamento atmosferico, seppur lentamente, sta causando fenomeni ai quali non si era mai assistito. Al Circolo Polare Artico, ad esempio, per la prima volta nella storia si ha notizia di orsi polari morti per annegamento: alcuni di loro nuotano anche per 100 km senza trovare del ghiaccio su cui riposarsi. Le barriere coralline stanno scolorendo mettendo in pericolo la flora e la fauna che vive in dipendenza di queste e in generale l’estinzione delle specie sta avvenendo con una velocità di mille volte superiore alla media naturale. Cambiano i cicli di vita di insetti e parassiti che riportano malattie che pensavamo debellate per sempre e ne introducono di nuove. Attaccano le persone, ma anche gli alberi, cancellando intere foreste. Sebbene i libri di scienze lo ritenessero fisicamente impossibile, nel 2004 il Brasile ha visto il suo primo tifone e nello stesso anno il Giappone ne ha registrati addirittura dieci. Tornado, uragani e cicloni si susseguono sempre più violenti e a ritmi mai visti portando con sé distruzione e morte. Le precipitazioni aumentano spostandosi in maniera non omogenea creando allagamenti e inondazioni nell’emisfero boreale, ma prosciugando i laghi dell’Africa centrale. In questo film-documentario Gore espone una serie di dati scientifici inattaccabili, tabulati, previsioni sul nostro prossimo futuro e risposte alla domanda su come affrontare il riscaldamento globale del pianeta. Il ritratto è sconfortante e per questo "scomodo"; scomodo per i governi, che al momento fanno finta di non sentire/vedere/sapere e scomodo per le persone che pensano non ci siano limiti allo sviluppo. In questo clima di scetticismo calcolato, Al Gore appare come un moderno Noè senza arca.

lunedì 3 marzo 2008

La vendetta sul filo del rasoio


Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street
di Tim Burton
con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head
Genere: Musical
USA, Gran Bretagna 2007

Benjamin Barker è un uomo realizzato e felice. Un barbiere eccellente, un padre affettuoso e un marito devoto. Accusato e condannato ingiustamente dal giudice Turpin, Barker viene deportato lontano da Londra. Diversi anni dopo, cambiato il nome in Sweeney Todd, il barbiere torna a chiedere soddisfazione all'uomo che gli ha "usurpato" la vita, insediando il suo talamo e crescendo la sua prole. Affittata una bottega in Fleet Street, Sweeney Todd affila i rasoi e torna ad esercitare la professione del barbiere. Turpin e gli ignari avventori scopriranno che la vendetta per Mr.Todd è un piatto da servire caldo, cotto, appena sfornato.
Se le mani di forbice di Edward sono l'esteriorizzazione simbolica della sua incapacità interiore di toccare, i rasoi di Sweeney Todd sono amici fedeli per vendicare la perdita delle persone amate. Una doppia personalità per il barbiere di Fleet Street che si muove alla volta di Londra introdotto, anticipato e avvolto nella musica, che tenta di esorcizzare la realtà tragica attraverso il canto.
Sweeney Todd è un musical la cui dimensione sonora non è imposta, ma scivola con grazia all'interno della trama trasportando lo spettatore, quasi cullandolo. Il terribile protagonista del film è interpretato dal pallore sagomato di Johnny Depp nel quale convivono, senza risolversi, l'anima diurna e quella notturna. Il suo Figaro sanguinario è una combinazione di oscurità e luce, un dandy malinconico e risentito che cerca ostinatamente di vendicarsi, finendo per trasformarsi in un'omicida psicopatico quanto il suo irriducibile nemico, senza il quale, del resto, non esisterebbe. La Londra tenebrosa e vittoriana di Dante Ferretti è il riflesso architettonico di Todd, è una città deliberatamente artificiale, ricostruita in studio e sprofondata nel nero fotografico di Dariusz Wolski. In Sweeney Todd c'è tutto Burton: c'è la fatale attrazione verso quanto di più oscuro, malato e innominabile rende il mondo più affascinante di una fiaba,la cartoonizzazione della messa in scena, la stilizzazione espressionistica e la deformazione grottesca, c'è lo stupore e l'insensatezza, il terrore e il cattivo odore della civiltà e del mondo degli adulti, ancora una volta contrapposto a quello dei fanciulli, c'è la vertigine e la violenta epifania. C'è la maschera di Johnny Depp, che invece di azzerare la performance dell'attore "messo in musica", libera il suo talento interpretativo con gli strumenti portati direttamente sul set.

venerdì 15 febbraio 2008

Cubismo e astrazioni


"Picasso 900"
dal 26 dicembre 2007 al 30 marzo 2008
Villa Ponti - Arona

Da Picasso a Dalì, Kandinsky, Mirò, Braque e Boccioni: 130 opere scelte (tutte appartenenti a prestigiose collezioni private) di 70 Maestri internazionali, che con il loro rinnovamento estetico-concettuale, hanno caratterizzato la storia dell'arte del Novecento. Partendo dal genio creativo del grande maestro Pablo Picasso, del quale sono esposte 15 opere dal 1913 al 1965, la rassegna propone un ideale itinerario culturale che attraversa i molteplici movimenti artistici delle avanguardie storiche che si acclamarono in Europa e in Italia dove si confrontarono e si ampliarono ulteriormente.
Dal cubismo di Picasso, Braque e Marcoussis, la Rassegna esemplifica l'espressione estetica come forma di creatività fantastica ed immaginaria in continua sinergia ed evoluzione. Espressioni artistiche di forme segni e colori, rappresentanti l'ideale estetico di grandi protagonisti che hanno saputo cogliere e sintetizzare, attraverso un forte impatto emotivo, la coscienza collettiva del presente ed anticipare quella futura. La mostra e' documentata da un catalogo contenente la riproduzione a colori delle opere esposte, un ampia sezione dedicata alla vita e all'opera di Picasso e la biografia essenziale degli artisti presentati.
Nella presentazione al catalogo della mostra Manuela Boscolo scrive : «Se Cezanne usava i solidi geometrici come forme ataviche, arrivando al punto attraverso la costante dell'intelligenza logica dell'uomo, Picasso arriva alla sintesi dimostrando il valore dell'arte intesa come sensibilità umana, offrendo esempi estrapolati dal tempo, in barba alla scienza, alla tecnologia e alla fantascienza. L'icona di Picasso collocata inaspettatamente in un tempo ed in un luogo estraneo alla sua natura, acquista un valore distabilizzante. Fa riflettere su ciò che è la realtà e ciò che è reale. E difatti l'effetto che ottenne fu la crisi totale di tutto un sistema di ricerca che sentì annientata tutta la sua impotenza. Lo zero non esiste così come non esiste l'assoluto».

domenica 3 febbraio 2008

La luce, gli occhi, il significato


"La luce, gli occhi, il significato. L'esperienza umana del vedere"
Palazzo Marliani Cicogna - Busto Arsizio (VA)
dal 30 gennaio al 12 febbraio 2008

Nell’uomo il vedere si concretizza come esperienza profonda del reale e di apertura al suo significato: non a caso i termini "luce", "occhi", "visione" sono da sempre paradigmi della verità e della capacità di riconoscerla. E' questo il tema principale della mostra artistico-scientifica "La luce, gli occhi, il significato. L'esperienza umana del vedere" presentata a Palazzo Marliani Cicogna a Busto Arsizio.
L'esposizione è stata organizzata dall’assessorato alla Cultura in occasione della manifestazione "Meeting per l’amicizia tra i popoli", anno 2007, a cura della associazione Euresis per la diffusione del sapere scientifico.
L’iniziativa si propone di offrire gli adeguati supporti didattici per un serio approfondimento del fenomeno del "vedere", sia dal punto di vista fisico – chimico (dalla natura della luce, ai colori della radiazione solare, ai segreti dello spettro elettromagnetico, alla fisiologia dell’occhio, sino alla trasmissione al cervello dei segnali rilevati) sia in ordine al fenomeno personale del "conoscere" e "riconoscere" attraverso la vista.
In una sezione della mostra, sono infatti proposte ricostruzioni di opere d’arte e d’architettura, al fine di mostrare come la visione umana sia comunque inseparabile dal riconoscimento di nessi e significati. Nell’arte, come nella realtà, la tonalità di colore o la profondità di un paesaggio, oltre che sensazione fisica, sono un richiamo alla memoria di chi guarda e legano l’immagine percepita con l’identità del soggetto che vede. Exbit per esperimenti pratici, illusioni ottiche e supporti multimediali dedicati alla fisiologia della visione e alle proprietà del colore sono intervallati a quadri celebri per far capire il nesso essenziale che esiste tra il semplice "guardare" e il "capire, comprendere, riconoscere".