martedì 3 febbraio 2009

"Viviamo della nostra musica"


Intervista a Steve Hogarth, cantante dei Marillion
E’ da anni che fate concerti in tutto il mondo. Come sta andando il vostro ultimo tour? Com’è il pubblico milanese?
I concerti stanno andando fantasticamente. Durante I nostri spettacoli è percepibile un’atmosfera di puro affetto e adrenalina ed è grandioso trovarsi al centro di tutto ciò. Il nostro concerto milanese dell’ultimo tour è stato uno dei migliori. Il pubblico è stato veramente incredibile. Gli italiani hanno un grande cuore e un’anima profonda e sicuramente una passione leggendaria. Sentire il feeling con il pubblico da una grande energia e capire che la gente comprende i testi delle canzoni anche se non cantiamo nella loro lingua è davvero appagante. Immagino che si tratti di un dialogo tra anime.
Dove trovate ancora l’energia e la freschezza per affrontare un nuovo show?
Amo cantare dal vivo. Ogni volta cerco di raggiungere la perfezione nelle mie performance. “Perfezione” per me significa a esprimere al massimo il significato e l’anima delle canzoni. Non riesco mai a raggiungere completamente il mio scopo, ma l’aspirazione continua mi stimola sempre.
Qual è il leitmotiv del vostro ultimo album? Di cosa parla?
Nel primo Cd sono contenute le mie riflessioni sul significato della vita. Non sono più un ragazzino e ho imparato molto in più di 30 anni passati in mezzo alla strada. Il mio primo matrimonio è finito nel 2005."Somewhere Else" era un prodotto di tutta quella sofferenza. Durante quel tour tutto quello che portavo dentro di me arrivò a un punto di crisi e di sofferenza fisica quindi mi sono dovuto affidare alle cure dei medici tra uno show e l’altro. In Olanda ho dovuto subire una piccola operazione e durante la convalescenza il medico mi pose le mani sullo stomaco e sentii una sorta di energia dilagante e notai che stava piangendo. Mi spiegò che quelle erano le mie lacrime. Disse che riusciva a sentire che mi portavo dietro un grosso peso fatto di dolore e rimorso. Ho sofferto per aver dovuto vivere lontano dai miei figli. Mi fece una ricetta: non mi prescrisse medicine, ma un libro "The Power Of Now" di Eckart Tolle e mi disse “Leggilo, ti farà bene”. Molte delle cose che ci sono in quel libro le sapevo già istintivamente, ma mi ha aiutato a cristallizzare delle verità per me molto importanti e sento che senza quella lettura non sarei riuscito a scrivere i testi delle canzoni dell’ultimo album.
Il secondo Cd è una raccolta di canzoni inedite. E’ totalmente diverso dal primo, si parla di alieni, navicelle spaziali, di America, qualche canzone d’amore e perfino un riferimento a Britney Spears in "Real Tears For Sale
In ogni nuovo album “cambiate pelle” e modificate il vostro stile: dove trovate l’ispirazione?
Beh, noi scriviamo le canzoni creando delle jam session quindi non sappiamo mai in anticipo cosa verrà fuori dal processo musicale. Non ci interessa essere un gruppo che suona sempre la stessa musica per decine di anni. Ci siamo sempre impegnati a tirare fuori qualcosa di nuovo e creativo. Continuiamo a cercare di ridefinire quello che siamo spostando la nostra musica in diversi luoghi sempre nuovi per noi.
Oggi fai parte di una delle band neo-prog più importanti al mondo. Pensi mai al passato? Diventare un gruppo di riferimento è il sogno di milioni di musicisti…
Il passato è un luogo orribile in cui vivere. E’ solo un’illusione.Vivere nel passato significa cercare qualche conforto perché si pensa che il presente e il futuro non portino speranze. E’ ovvio che ogni tanto penso al passato e sono consapevole di quanto siamo fortunati a guadagnarci da vivere grazie alla nostra passione. Ma non lo do mai per scontato.
Quali sono I gruppi che hanno influenzato maggiormente il vostro sound?
Beatles, Genesis, Yes, The Who, Radiohead, Bob Marley, The Blue Nile, The Psychedelic Furs, The Beach Boys, The Doors.
Com’è cambiata la vostra musica nel corso degli anni?
E’ diventata più “scura”. Quando mi sono unito al gruppo quasi non c’era alcuna influenza “black” a parte qualche nota di blues nella chitarra di Steve R. Sono pochissimi i chitarristi che riescono a evitare influenze blues! Con il passare del tempo abbiamo allargato i nostri orizzonti ispirandoci a Beatles, Beach Boys, ma anche al dub, al gospel e soprattutto al soul. Pochi critici si rendono conto che la musica dei Marillion deve molto al soul sebbene mischiato a sperimentazioni.
Come ti senti quando vedi il vostro talento non riconosciuto mentre questo accade sempre con band come gli U2 che sembrano essere considerati infallibili qualunque cosa facciano?
Ammiro gli U2 per come sanno sempre reinventarsi.E’ quello che contraddistingue l’uomo dal ragazzo. Non li ammiro per il loro successo commerciale. Paragonati a loro noi siamo solo un gruppo di vecchi rockers in ombra. Piacerebbe anche a me essere trendy e apprezzato come loro e che milioni di persone in giro per il mondo suonassero le mie canzoni e pensassero alle mie parole. Sì, è frustrante che il nostro successo non sia così ampio. Ma penso che siamo un po’ troppo complessi – musicalmente e liricamente – per il grande mercato. Detto questo non penso che sia da preoccuparsi: sulla lunga distanza verremo giudicati per il nostro lavoro e i numeri non conteranno più nulla.
Ripensando al passato: cosa cambieresti?
Passerei più tempo a fare musica invece di fare lo scemo in giro…
Progetti per il futuro?
Abbiamo intenzione di creare un nuovo album acustico.Inoltre Richard Barbieri mi ha chiesto di fare un album con lui e stiamo cercando di trovare il tempo di mettere in piedi questo progetto. Ammiro immensamente il suo lavoro e penso che potremmo creare qualcosa di molto bello insieme.